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Ragazzi ebrei, musulmani, cristiani uniti da tifo per Roma

A Trigoria la Scuola Calcio Roma club Gerusalemme

Redazione Ansa

(di Patrizio Nissirio) (ANSAmed) - ROMA, 2 MAG - Divisi da tutto - o quasi - nella vita, uniti dal calcio. O meglio, dal tifo per la Roma. Solo che non si tratta di ragazzi romani, o italiani, ma di giovani che vivono a Gerusalemme e che sono ebrei, musulmani, cristiani, palestinesi, etiopi, italo-israeliani di seconda generazione. E in questi giorni la Scuola Calcio Roma Club Gerusalemme è nella Capitale, impegnata in tornei organizzati da Maccabi Roma, ma anche e sopratutto ad incontrare i propri idoli, al campo giallorosso di Trigoria.

"Il nostro motto è lo sport senza frontiere - dice ad ANSAmed Samuele Giannetti, dal 1998 animatore del Roma Club, mentre i ragazzi sono impegnati in una partita al campo dell'Acqua Acetosa - Abbiamo 105 iscritti alla nostra scuola, che esiste dal 2008, e c'è veramente di tutto, anche dal punto di vista sociale ed economico. Abbiamo spesso bisogno di allenatori che parlano lingue diverse perché non tutti riescono a comunicare.

Ci sono ragazzi che non solo non posso pagare la quota di iscrizione, ma spesso hanno problemi anche a trovare la cena a tavola. Alcuni di loro non avevano le valigie per viaggiare, per cui le abbiamo comprate. Si tratta di situazioni molto difficili, in molti casi. E noi ci basiamo solo sulle donazioni". Ma un costante sostegno alle iniziative, aggiunge, è sempre giunto dall'Ambasciata d'Italia a Tel Aviv.

Giannetti, che si occupa della scuola su base volontaria (lavora nel settore dell'Hi-tech), spiega che questo è il terzo viaggio del genere, con 33 partecipanti, e che in programma, accanto alle varie partite di calcio e calcetto con squadre locali, c'è anche un incontro con il presidente del Senato Pietro Grasso, e una visita - appunto - a Trigoria. "Speriamo davvero di poter incontrare i giocatori. Quest'anno i ragazzi hanno scelto come giocatore della Roma 2015-2016 Kostas Manolas, e hanno anche dei premi da consegnargli".

"In ogni caso, il calcio qui è il mezzo per raggiungere un fine - sottolinea Giannetti - E il fine è sicuramente sociale, insegnare il rispetto reciproco, così che tra loro nascano amicizie, come è infatti successo: alcuni sono persino andati in vacanza insieme. Credo poco negli adulti, ma penso che questi ragazzi possano imparare a vedere le cose in un altro modo.

Speriamo che questo sia un modo di educarli a tutto tondo: a loro cerchiamo di spiegare, ad esempio, che andare bene a scuola e giocare a calcio sono cose che vanno insieme. Tentiamo di formarli come persone, oltre che come sportivi". (ANSAmed).

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