(di Patrizio Nissirio)
(ANSAmed) - ROMA, 20 SET - L'ex presidente tunisino Zine El
Abidine Ben Alì è morto a 83 anni in esilio, in una clinica in
Arabia Saudita, dove con ogni probabilità verrà sepolto. La sua
uscita di scena arriva in una fase cruciale per la Tunisia in
piena campagna elettorale per il secondo turno delle
presidenziali. Lottava da tempo contro un cancro alla prostata.
Fino alla rivoluzione che lo costrinse a fuggire all'estero
nel 2011, Ben Alì, secondo presidente dopo l'indipendenza, è
stato il padrone assoluto della Tunisia, interlocutore
rispettato di tutte le cancellerie occidentali e nordafricane,
nonostante il suo pugno di ferro contro ogni dissenso e la
corruzione di cui beneficiava la sua cerchia familiare, in
primis la moglie Leila Trabelsi.
Classe 1936, militare di carriera con grande esperienza
internazionale (fu anche addetto militare, quindi ambasciatore a
Varsavia), Ben Alì partecipa da giovane alla resistenza contro
il dominio coloniale francese, finendo anche in prigione. Negli
anni Sessanta fonda il Dipartimento della Sicurezza militare
dirigendolo per 10 anni. La svolta politica negli anni '80:
diventa ministro dell'Interno il 28 aprile 1986 e poi Primo
Ministro, nell'ottobre 1987. E proprio contro Habib Bourguiba,
che lo aveva nominato premier, Ben Alì dà vita ad un 'colpo di
stato medico' (convince i medici a dichiarare il presidente
incapace di intendere e di volere). Il 7 novembre 1987 diventa
presidente, proseguendo la politica filo-occidentale di
Bourguiba, combattendo l'integralismo islamico e per questo
diventando il beniamino di Europa ed Usa.
Il suo partito, il Raggruppamento Costituzionale Democratico
(ex Partito socialista desturiano), domina nel frattempo la
scena politica nazionale e Ben Alì vince le elezioni del 1994 e
del 1999 la con una percentuale bulgara di oltre il 99 per
cento. Il controllo totale e assoluto del Paese viene
formalizzato nel 2002 grazie all'imposizione di una riforma
costituzionale che di fatto abolisce ogni limite alla sua
rielezione. E nel voto del 2004 viene rieletto con oltre il 94%
dei consensi. Nel 2009, ottiene il quinto mandato con una
percentuale dell'89 per cento.
L'inizio della sua fine arriva il 17 dicembre 2010, quando
Mohamed Bouazizi, un giovane fruttivendolo senza licenza, si dà
fuoco per protesta contro il sequestro del suo banchetto.
Iniziano imponenti proteste di massa di giovani che chiedono
lavoro e denunciano il carovita, ma chiedono anche libertà:
proteste che si estenderanno presto a gran parte del mondo
arabo, nella cosiddetta 'Primavera araba'. Oltre cento persone,
tra civili e poliziotti, moriranno negli scontri. Ben Alì
annuncia il suo ritiro dalla politica e si rifugia a gennaio
2011 nella sua villa di Abha in Arabia Saudita. Nel giugno dello
stesso anno, iniziano numerosi processi a lui e al suo clan che
riveleranno gli abusi e la corruzione di cui si erano macchiati,
accumulando immense ricchezze. Lui stesso viene condannato a
diversi ergastoli per la morte di manifestanti.
Il suo ultimo messaggio ai tunisini è del 15 maggio scorso.
Pubblicato sulla pagina Facebook del suo avvocato e destinato a
smentire le notizie sul suo stato di salute, suona come un
testamento. "Da quando ho lasciato il mio amato paese, ho solo
desiderato sicurezza, stabilità e sviluppo per il mio popolo...
questo fa parte del mio impegno nazionale e della mia
responsabilità di statista". "Sono pronto con tutto il cuore a
fare del mio meglio per questo Paese che ho servito sinceramente
per 50 anni. Ringrazio tutti i tunisini che mi hanno mandato
messaggi di amore e rispetto, assicurandoli che tornerò nel mio
Paese". (ANSAmed).
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L'addio a Ben Alì, per 23 anni padrone della Tunisia
Morto a 83 anni in Arabia Saudita, deposto da Primavera araba