(ANSAmed) - ROMA, 24 GIU - Le donne migranti in Italia sono
abili risparmiatrici e gestiscono il denaro della famiglia.
Tuttavia, sono più fragili nel processo di inclusione
finanziaria rispetto agli uomini, ed esiste un divario
significativo di genere in termini di capacità reddituale e di
valore dei flussi complessivi delle rimesse verso i Paesi di
origine (-13% di rimesse in meno degli uomini). È quanto emerge
dal rapporto "L'inclusione finanziaria delle donne e il ruolo
delle rimesse: focus su quattro comunità migranti in Italia",
realizzato da centro studi Cespi e presentato oggi alla sede
dell'Ifad nel corso della tavola rotonda "L'inclusione
finanziaria delle donne e il ruolo delle rimesse", organizzata
da Aspen Institute Italia, Aspen Initiative per l'Europa e Ifad,
con la collaborazione di WE - Women Empower the world e
sponsorizzata dal ministero degli Esteri.
"Quest'anno si prevede che le famiglie migranti invieranno
alle loro famiglie nei Paesi di origine oltre 550 miliardi di
rimesse", ha dichiarato Paul Winters, vicepresidente associato
del dipartimento Strategia e conoscenze dell'Ifad. "La nostra
missione è migliorare la sicurezza alimentare, quindi per noi le
rimesse sono molto importanti", ha aggiunto. Francesca Tardioli,
direttore centrale per le Nazioni Unite e i diritti umani del
ministero degli Esteri, ha ricordato che il rapporto è stato
redatto nel quadro del terzo Piano d'azione nazionale per la
pace e la sicurezza delle donne. "C'è un legame chiaro tra il
ruolo economico che le donne possono giocare nell'assicurare un
futuro migliore per tutti e l'implementazione completa
dell'Agenda 2030 e i suoi obiettivi di sviluppo sostenibile", ha
sottolineato.
Il rapporto esamina le scelte di gestione del risparmio delle
donne di quattro comunità nazionali immigrate: Filippine,
Senegal, Ucraina e Marocco. "Le rimesse dall'Italia verso il
mondo, al netto della Cina, seguono un trend di crescita", ha
sottolineato il direttore del Cespi, Daniele Frigeri. Il
rapporto evidenzia che le donne migranti sono abili
risparmiatrici, e sotto il profilo della bancarizzazione, i dati
esaminati fino a dicembre 2017 segnalano un persistente scarto
negativo per le donne dell'incidenza di tutti gli indicatori di
inclusione finanziaria. Mentre l'83% dei migranti di genere
maschile sono titolari di un conto corrente, per le donne la
percentuale scende al 60%. Con riferimento al tema "small
business", delle 126.500 imprese a titolarità immigrata che sono
titolari di un conto corrente, il 32% è intestato a donne.
Il rapporto evidenzia che esiste un divario significativo di
genere in termini di capacità reddituale: in media, le donne
guadagnano il 24% in meno degli uomini. Le capacità reddituali
non influiscono però sulla propensione al risparmio, che è pari
al 36% sia per gli uomini che per le donne, una percentuale
doppia rispetto alla media dei cittadini italiani. Per quanto
riguarda l'accesso al credito, l'indicatore relativo al numero
di finanziamenti in essere presso un'istituzione finanziaria
mostra una diseguaglianza di genere (il 19% degli uomini ha in
essere uno o più finanziamenti, contro il 16% delle donne).
Le donne straniere residenti in Italia, appartenenti al
campione, inviano le rimesse con una frequenza di poco inferiore
a quella degli uomini e con importi mediamente inferiori del
10%. In termini di flussi complessivi su base annuale, le donne
inviano nel paese di origine il 13% in meno degli uomini. I dati
e le informazioni raccolte nelle interviste indicano comunque
che l'Italia è il luogo privilegiato verso cui vengono destinati
i propri risparmi e investimenti. (ANSAmed).
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Migranti:donne vittime'gender gap' in inclusione finanziaria
Ricerca su donne migranti e ruolo rimesse presentato all'Ifad