(ANSAmed) - ROMA, 4 GIU - In Libia "non ci sono spazi sicuri,
non ci sono luoghi sicuri per accogliere i migranti e portarli
via dalle aree rischiose del conflitto. Per questo chiediamo
urgentemente un'evacuazione umanitaria di tutti coloro che
vedono la propria vita in pericolo e sono a rischio di cadere
vittime del conflitto". È questo l'appello lanciato da Sam
Turner, capomissione di Medici Senza Frontiere per la Libia
appena rientrato da Tripoli, nel corso di una conferenza stampa
a Roma per parlare dell'emergenza umanitaria nel Paese
nordafricano. All'incontro hanno partecipato Julien Raickman,
capomissione Msf a Misurata e Khoms, e Marco Bertotto,
responsabile advocacy Msf in Italia.
"Riconosciamo che ci sono stati sforzi negli ultimi mesi da
parte dei governi, incluso quello italiano", per offrire
alternative "come i corridoi umanitari per portare via i
migranti dai centri di detenzione verso l'Italia, ma finora ci
sono stati solo numeri molto bassi" di evacuazioni, ha
sottolineato Turner. "La situazione che vediamo nella nostra
esperienza in Libia è che le difficili condizioni dei centri di
detenzione possono essere considerate un fattore che
contribuisce alla scelta delle persone di lasciare la Libia.
Questo è un elemento chiave per creare una politica di
deterrenza" delle partenze verso l'Europa.
Julien Raickman ha raccontato che la situazione dei centri di
detenzione per i migranti "è molto preoccupante e tutto questo
deve finire il prima possibile. Questa sofferenza umana è troppo
grande, e se consideriamo i numeri globali dei migranti che
vivono in Libia, coloro che si trovano nei centri rappresentano
solamente l'1% del totale": sono infatti "5.800 le persone
attualmente presenti nei centri di detenzione". Questo evidenzia
che "la detenzione non è assolutamente la soluzione" al fenomeno
migratorio, "e dovrebbe finire il prima possibile. Una soluzione
esterna, un'evacuazione, è possibile", ha sottolineato.
Durante il conflitto in corso da due mesi in Libia, "abbiamo
visto un sempre più forte impatto sui centri di detenzione,
alcuni dei quali sono stati direttamente colpiti e da dove i
migranti e rifugiati sono stati ricollocati urgentemente verso
altre località", ha raccontato Turner. "A Tripoli lavoriamo nei
centri di detenzione dove i migranti vengono arbitrariamente
detenuti per un tempo indefinito, senza alcuna accusa e senza
accesso a una forma di difesa legale, e quindi non sono in grado
di ottenere un rilascio. Noi forniamo assistenza medica in
questi centri e abbiamo da tempo documentato le difficili
condizioni di vita. Questi posti non sono costruiti per far
vivere le persone, c'è una forte necessità di acqua, servizi
igienici, cibo, assistenza medica", ha affermato.
Raickman ha raccontato che "ci sono centri di detenzione
nell'area di Misurata dove le persone hanno meno di un metro
quadrato di spazio vitale, dove c'è una grande mancanza di
forniture d'acqua, non c'è abbastanza cibo ed è di scarsa
qualità". Il responsabile Msf ha ricordato che in queste
strutture "sono presenti bambini, minori non accompagnati" e
donne, alcune delle quali "partoriscono nei centri di
detenzione". "Ci sono rischi per la salute mentale nel rimanere
rinchiusi per mesi, per alcuni di loro per anni. Ci sono alti
livelli di tubercolosi, e queste condizioni stanno provocando
ancora più malattie e rischi per la vita. Anche se non ci si
trova sul fronte, si può morire nei centri di detenzione", ha
spiegato Raickman.(ANSAmed).
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Migranti: Msf, in Libia nessun luogo è sicuro
Capimissione a Roma, appello a evacuazione umanitaria da centri