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Tunisia: diritti Lgbt, corte appello riconosce legalità Shams

Respinto ricorso del governo tunisino contro associazione

Redazione Ansa

TUNISI - L'associazione ''Shams - per la depenalizzazione dell'omosessualità in Tunisia'', potrà continuare a esercitare le proprie attività nel Paese nordafricano in piena legalità. E' la stessa associazione infatti ad annunciare oggi la decisione della Corte d'Appello di Tunisi di convalidare il provvedimento del Tribunale del 23 febbraio 2016 che ne autorizzava l'attività e respingere il ricorso del governo tunisino secondo il quale Shams violerebbe le norme della legge sulle associazioni e "i valori islamici della società tunisina, che rigetta l'omosessualità e ne proibisce un tale comportamento estraneo". La settimana scorsa l'Alto commissariato dell'Onu per i diritti umani (Unhchr) aveva inviato una missiva al governo tunisino, esprimendo la propria preoccupazione per il tentativo di chiudere l'associazione Shams, stimando che ciò avrebbe costituito una minaccia ai valori universali dei diritti umani e alla Convenzione internazionale relativa ai diritti civili e politici (Pdicp), ratificata dalla Tunisia il 18 marzo 1969. La storia di Shams è del resto travagliata fin dalla sua creazione.

Il riconoscimento ufficiale per la prima associazione a tutela dei diritti della comunità Lgbt, del 18 maggio 2015, suscito' fin da subito molte polemiche in Tunisia. Se per alcuni ciò infatti rappresentò un passo in avanti nella delicata materia dei diritti delle minoranze sessuali, nel contempo fu causa di forti critiche di tanti, tra cui il Mufti della Repubblica che chiese alle autorità competenti di rivedere la loro decisione, affermando che il riconoscimento di Shams rappresentava ''una minaccia alle generazioni future attraverso la promozione di comportamenti aberranti e perversi''. Critiche piovvero soprattutto dalla parte più conservatrice della società, come alcuni imam per i quali la concessione del visto a Shams costituiva ''un precedente pericoloso per la Tunisia che va a colpire gli insegnamenti islamici''. Nel gennaio 2016 su ricorso del governo, i giudici ne ordinarono la sospensione dalle attività per un mese, il 23 febbraio Shams in appello ottenne dalla magistratura il diritto ad operare nuovamente. Ora la Corte d'Appello di Tunisi parrebbe aver messo fine a questa complicata vicenda. Shams si è sempre distinta per i suoi comportamenti a difesa di cittadini condannati alla pena della reclusione da tribunali tunisini per ''omosessualità'' e si batte per l'abolizione dell'art. 230 del codice penale che la prevede come reato.

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