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Sahel, politiche sviluppo non frenano subito flussi migratori

Ricerca Feps-Iai su legame sviluppo, migrazioni e sicurezza

Redazione Ansa

(di Stefano Intreccialagli)

ROMA - Il legame tra sviluppo, sicurezza e migrazioni in Africa è "cruciale", ma è necessario approfondire gli effetti concreti delle loro interazioni. Ad esempio, nel caso delle politiche economiche di sviluppo, da un'analisi dei Paesi del Sahel è emerso come nella loro fase iniziale "non frenino le migrazioni". Questo è uno dei risultati della ricerca "The security-migration-develpment nexus revised: a perspective from Sahel", realizzata dalla Foundation for European Progressive Studies (FEPS) e dall'Istituto Affari Internazionali (IAI) e presentata questa mattina a Roma presso la Casa Internazionale delle donne.

Secondo i ricercatori e accademici che hanno contribuito al documento, il Sahel si presenta come una regione in cui il nesso tra sicurezza, migrazione e sviluppo è particolarmente importante. La ricerca mira a ridefinire questo nesso attraverso un'analisi nella regione - e in particolare in tre paesi, ossia Niger, Senegal e Sudan -, riconsidera inoltre l'approccio dell'Unione europea e degli Stati Uniti a tali dinamiche ed esplora gli attuali e potenziali partenariati nella regione.

"Noi usiamo spesso l'espressione 'crisi migratoria' - ha detto Bernardo Venturi, ricercatore Iai e curatore del documento - ma veramente possiamo parlare di crisi? Abbiamo diverse cifre che mostrano come non ci siano stati grandi cambiamenti in questo senso in Africa negli ultimi 10 anni. Possiamo parlare di crisi in Siria, in Africa non tanto", ed è più "una questione di percezione".

L'analisi dell'area del Sahel, ha aggiunto, "mostra come lo sviluppo non sia un fattore di freno della migrazione, almeno all'inizio", e che la mobilità "è promotrice di sviluppo. Le politiche di sicurezza delle frontiere cercano di bloccare la migrazione, e questo è controproducente perché scatenano le migrazioni irregolari. Bloccare gli spostamenti regionali significa incrementare quelli verso l'Europa", ha sottolineato il ricercatore.

La ricerca analizza inoltre il rapporto tra l'Unione europea e i Paesi del Sahel, sottolineando come ci sia una trend verso "misure volte alla sicurezza", con il rischio che le risorse economiche stanziate per i Paesi africani "vadano alla sicurezza e non allo sviluppo locale".

L'Europa è "un importante attore nella regione", sottolinea Venturi, che pone l'accento sugli "interventi militari molto presenti in Sahel" da parte di Paesi come "Francia, Italia, Usa". Tuttavia, le sfide della sicurezza "hanno più aspetti legati al sociale e avrebbero bisogno di un approccio olistico.

Quella militare dovrebbe essere l'ultima opzione", e in ogni caso "è importante capirne gli effetti, se crea stabilità, se promuove relazioni positive tra l'Africa e i Paesi occidentali".

In futuro, è "importante avere una maggiore comprensione della connessione" tra sicurezza, sviluppo e migrazione, spesso utilizzati "senza sapere quali siano gli effetti" di politiche come l'erogazioni di fondi e le attività di sicurezza delle frontiere.

In Africa è infine necessario "supportare il peace building in loco" e avere un "approccio integrato con tutti gli attori" presenti sul territorio, sottolinea Venturi. (ANSAmed).

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