(ANSAmed) - IL CAIRO, 23 GEN - L'imminente missione militare
italiana in Niger ha rilievo perchè segna, in un "allargamento
dell'arco di crisi Mediterraneo", una svolta dell'Italia
nell'affrontare "sfide immediate" come quella migratoria e nella
ricerca di un maggior peso - sebbene nel Sahel resti la
"predominanza storica" francese - ai tavoli europei dove si
determina la politica mediterranea e migratoria.
Lo ha sottolineato il professor Dario Cristiani, docente al
Vesalius College di Bruxelles e analista per la Jamestown
Foundation. La missione in Niger "credo sia molto interessante
da un punto di vista politico-diplomatico, nonostante il numero
relativamente esiguo di soldati", ha scritto Cristiani ad
ANSAmed. "Insieme alla recente apertura di un'ambasciata
Italiana a Niamey, prima nel Sahel per l'Italia, Roma ha preso
atto di quello che definisco una sorta di 'allargamento
dell'arco di crisi Mediterraneo', ha aggiunto Cristiani.
Insomma, "se prima la politica estera italiana nel
Mediterraneo si limitava ai paesi strettamente rivieraschi, ora
l'Italia ha preso atto che le dinamiche strategiche del
post-Primavere Arabe hanno rafforzato i legami esistenti tra
l'area del Sahel e quella del Maghreb". Si tratta, sottolinea
l'analista, di "legami che sono sempre esistiti, ma la cui forza
variava a seconda del periodo. Invece, questa missione chiarisce
che la visione dell'Italia riguardante la sicurezza Mediterranea
non si esaurisce con le sponde, ma si spinge sin dentro gli
spazi sahariano-saheliani".
"Queste erano aree legate a doppio filo al Mediterraneo e
questi legami strategici stanno riemergendo", nota Cristiani.
"Muovere soldati dai teatri iracheni e afghani, in tal senso,
denota anche una riscoperta di un certo modo di fare politica
estera più legata alle sfide immediate che l'Italia deve
affrontare, che non alla necessita' di salvaguardare determinate
relazioni diplomatiche, nonostante essere rimangano
fondamentali".
Nell'offrire ad ANSAmed una "seconda riflessione", il
Direttore dell'Executive Training in Global Risk Analysis and
Crisis Management del Vesalius sottolinea come l'Italia abbia
"capito che la partita per 'determinare' le direttrice della
politica Mediterranea dell'Ue, in senso ampio, non si gioca più
solo nei paesi rivieraschi, ma si spinge nel Sahel-Sahara".
"Chiaramente, da questo punto di vista - aggiunge Cristiani -
serve un certo equilibrismo, vista la predominanza storica dei
francesi nella regione. Però la presenza dei tedeschi in Mali e
ora dell'Italia in Niger rappresenta un tentativo quantomeno di
affiancare la Francia".
E' "chiaro" che l'Italia non ha "la profondità strategica,
culturale, economica e linguistica della Francia nella regione,
avverte lo studioso aggiungendo che "però e' un passo
importante, in particolar modo se si pensa che il ruolo francese
in Libia, sin dall'inizio della rivoluzione nel 2011, è stato
molto poco attento alle necessita' italiane".
Ammettendo che "non sara' la presenza di 470 soldati a
cambiare le dinamiche geo-strategiche nella regione", Cristiani
dice pure di dubitare "che questo numero sia congruo anche per
porre freno ad un fenomeno enorme come quello migratorio che
sarà uno dei trend epocali dei prossimi decenni, per non parlare
di tutti gli altri traffici che avvengono in quell'area del
mondo".
"Al tempo stesso", la missione in Niger "denota la presa di
coscienza Italiana sulla necessita' di far considerare Roma, in
maniera più marcata, parte dell'equazione regionale di quello
che potremmo definire il 'grande Nord Africa, dal Mediterraneo
al Sahel, equazione che poi si tradurrà anche in potere
negoziale ai tavoli di Bruxelles, soprattutto quando la Gran
Bretagna uscirà dall'Unione, in particolare sui dossier
migratori e di politica estera complessiva". (ANSAmed).
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'Med allargato', missione Niger una svolta per Italia
Analista, più peso nelle sfide immediate e ai tavoli Ue