(di Francesco Cerri)
(ANSAmed) - BARCELLONA, 18 OTT - A due giorni dallo scadere
dell'ultimatum di Madrid, una marea umana si è di nuovo
riversata in piazza ieri a Barcellona e nelle altre città
catalane per denunciare l'arresto dei due dirigenti della
società civile Jordi Sanchez e Jordi Cuixart, decisa da una
giudice spagnola che li accusa di "sedizione", ed esigere la
loro liberazione.
A Barcellona c'erano almeno 200mila persone, secondo le
stime della polizia urbana. Decine di migliaia nel resto della
Catalogna. L'arresto dei presidenti di Anc e Omnium, le
organizzazioni che hanno firmato le manifestazioni oceaniche per
l'indipendenza della festa nazionale della Diada negli ultimi
cinque anni, ha suscitato dure reazioni. La notizia del loro
fermo ha provocato già 'caceroladas' di protesta in tutta la
Catalogna. Il presidente Carles Puigdemont ha detto che
in Spagna ci sono di nuovo "detenuti politici" e il Govern ha
denunciato "una vergogna democratica". Tutto lo schieramento
indipendentista è insorto, condannando un ritorno alle pratiche
del franchismo.
"La Spagna è la nuova Turchia", ha accusato il repubblicano
Gabriel Rufian. "La Spagna non è una democrazia", gli ha fatto
eco il capogruppo della coalizione di Puigdemont Luis Corominas.
La Cup, l'ala sinistra e più intransigente del fronte
secessionista, ha proposto uno sciopero generale. Anche il
leader di Podemos Pablo Iglesias ha ammesso di provare
"vergogna". Sanchez e Cuixart sono accusati di "sedizione" per
le manifestazioni di protesta del 20-21 settembre dopo il blitz
della Guardia Civil contro le sedi del governo catalano e
l'arresto di 14 alti funzionari. Decine di migliaia di persone
si erano riunite davanti al ministero dell'Economia. La Guardia
Civil rimase bloccata all'interno per alcune ore.
"Non sono detenuti politici, sono politici detenuti" ha detto
il ministro della Giustizia spagnolo Rafael Català respingendo
le accuse. Mentre il prefetto in Catalogna Enric Millo ha
aggiunto che sono indagati "non per le loro idee ma per le loro
azioni". Senza però convincere il popolo indipendentista.
A mezzogiorno di ieri la Catalogna si è fermata mentre
risuonavano le sirene dei pompieri per chiedere la liberazione
dei due. Migliaia di persone si sono concentrate davanti a
luoghi di lavoro, municipi, ospedali al grido di 'Llibertat!' e
cantando 'Els Segadors', l'inno nazionale catalano. Centinaia di
migliaia di persone hanno poi risposto all'appello di Anc e
Omnium, riempendo nella notte, candele accese in mano, le piazze
di Barcellona, Girona, Reus, Tarragona, Figueres, e tante altre.
I 'due Jordi' sono i primi politici indipendentisti finiti
in manette. Ma nessuno in Catalogna è pronto a scommettere siano
gli ultimi. La procura spagnola e esponenti del Pp del premier
Mariano Rajoy hanno già minacciato di arresto lo stesso
presidente Carles Puigdemont. E giovedì scade l'ultimatum di
Rajoy: il 'President' deve smentire di avere dichiarato
l'indipendenza, o scatterà l'articolo 155 della Costituzione,
che consentirà a Madrid di prendere il controllo delle
competenze del 'Govern', destituire presidente e ministri, e
convocare elezioni anticipate. Scatenando un probabile
sollevamento. Ieri Puigdemont ha convocato i ministri per
decidere come rispondere. Il portavoce, Jordi Turull, ha
annunciato che la risposta sarà la stessa di lunedì. Il
'president' rilancerà solo l'offerta di un dialogo senza
condizioni per due mesi. Ipotesi finora respinta da Rajoy.
Nel fronte indipendentista crescono intanto le pressioni su
Puigdemont perché proclami la Repubblica se sarà attivato il
155: la frattura, a quel punto, potrebbe diventare insanabile e
avere conseguenze catastrofiche. Per i catalani e gli
spagnoli.(ANSAmed).
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Catalogna scende in piazza, 'libertà per i due Jordi'
Giovedì scade ultimatum, pressioni per proclamare la Repubblica