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Diritti e migrazioni nel Med, a Kimiyya la voce delle donne

Conferenza Anna Lindh a Napoli su donne come attrici di dialogo

Redazione Ansa

(di Luciana Borsatti)

NAPOLI - Fuga dalla guerra, migrazioni, crescita del radicalismo islamico e rafforzamento del conservatorismo sociale in senso patriarcale: sulla sponda sud del Mediterraneo si moltiplicano le ragioni per cui le donne diventano più fragili e vulnerabili, e vittime di violenze che - per le donne migranti  - possono continuare anche nei campi di accoglienza anche in Europa, ed in cui rischiano di restare vittima di aggressioni maschili. E' questo il quadro che esce dalla prima giornata della conferenza internazionale "Kimiyya. Donne attrici del dialogo", organizzata al Museo della pace a Napoli dalla Fondazione Mediterraneo e dalla Fondazione euromediterranea Anna Lindh (Alf).

Un incontro che fino al 14 settembre raccoglie circa 150 rappresentanti di 12 reti nazionali dell'Alf (Albania, Algeria, Bosnia-Erzegovina, Spagna, Francia, Italia, Malta, Mauritania, Repubblica Ceca, Lituania, Slovenia e Tunisia) che partecipano alla azione comune Kimiyya - parola presa dalle antiche lingue del Mediterraneo (aramaico, greco, arabo) e che significa 'mettere insieme', 'incontrare', 'condividere', 'mescolare'.

"Nel contesto delle crisi attuali in cui si moltiplicano le precarietà e si accentuano le vulnerabilità - ha detto Esther Fouchier, presidente del comitato che conduce il progetto - numerosi studi mostrano che le donne ne sono toccate per prime e che le ineguaglianze tra uomini e donne aumentano" in tema di diritti e di accesso alle risorse economiche, politiche e sociali.

Cruciali restano i nodi dell'occupazione femminile e della quota di rappresentanza delle donne nella vita politica. Ma il confronto è anche con la crescita del radicalismo islamico e del reclutamento per le milizie jihadiste, per esempio in Tunisia. Un tema affrontato nei giorni scorsi in un forum sull'espressione artistica a Sousse - ha detto Anis Boufrikha - in cui è emerso che i linguaggi dell'arte e del teatro possono indicare alle potenziali vittime di questo reclutamento una strada alternativa per colmare il vuoto di opportunità, e conseguentemente anche di autostima, che soffrono molti giovani in particolare nelle aree più depresse di quel Paese.

Ma è sul tema donne e migrazioni che il dibattito a Napoli si è fatto più acceso. Migrare per una donna può essere anche una strada per consolidare i propri diritti, attraverso lo studio e il lavoro - ha detto fra l'altro Noura Raad, dell'European Network of Migrant Women - ma rende spesso le donne ancora più vulnerabili alla violenza: non solo quando finiscono vittima del traffico di esseri umani, ma anche in situazioni di impiego irregolare come nel lavoro domestico in Libano. O nei campi profughi dei Paesi di prima accoglienza - ha aggiunto citando come esempio la Grecia - dove rischiano abusi da parte di altri ospiti del campo o nell'ambito della propria stessa famiglia.

La Conferenza di Napoli giunge 20 anni dopo un forum analogo ospitato sempre dalla Fondazione Mediterraneo - ne ha ricordato il presidente Michele Capasso - leggendo un significativo passaggio delle conclusioni di quell'evento in cui si anticipava, per il fenomeno migrazioni, la stessa situazione che l'Europa sta fronteggiando proprio ora - come se all'epoca non fosse già stata ampiamente prevista.

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