(di Massimo Nesticò)
(ANSAmed) - ROMA, 5 SET - Navi umanitarie in fuga dal
Mediterraneo. Ieri l'annuncio di Moas, la prima ong ad entrare
in azione nelle acque tra la Libia e la Sicilia nell'agosto del
2014 e tra le 5 che avevano firmato il Codice di condotta
proposto dal Viminale. Dal 'Mare Nostrum' l'organizzazione dei
coniugi Catrambone migrerà verso il lontano Golfo del Bengala:
"non vogliamo - è l'accusa - diventare parte di un meccanismo in
cui, mentre si fa assistenza e soccorso in mare, non ci sia la
garanzia di accoglienza in porti e luoghi sicuri".
E' stata l'estate della svolta sulla rotta dei flussi
migratori tra le coste libiche e l'Italia. Prima le inchieste
delle procure siciliane che hanno preso di mira i comportamenti
dei membri di alcune ong. Poi la stretta imposta dal contrastato
Codice di condotta non accettato da tre delle organizzazioni
attive nel Mediterraneo. Infine, l'atteggiamento ostile della
Guardia costiera libica, che ha allargato la sua area di ricerca
e soccorso e non tollera 'invasioni' di navi straniere.
Il risultato è un crollo delle partenze: sbarchi dimezzati a
luglio (11.459 contro i 23.552 del luglio 2016), crollati ad
agosto (3.914 contro 21.294) ed il trend continua in questi
primi giorni di settembre (719 contro 16.975). I 99.846 arrivi
del 2017 fanno così segnare un -18% rispetto allo scorso anno.
Per le ong rischia di esserci dunque poco spazio d'azione. La
prima ad annunciare la ritirata dal Mediterraneo era stata
Medici senza frontiere il 12 agosto. Il giorno dopo era stata la
volta di Sea Eye e Save the Children. Pochi giorni fa, il 28
agosto, la Vos Hestia di Save the Children ha ripreso a
navigare. Nelle settimane scorse la Iuventa della ong tedesca
Jugend Rettet è stata sequestrata per ordine dei pm di Trapani.
Restano in mare solo i mezzi di Sos Méditerranée, Sea Watch e
Proactiva Open Arms, oltre alla Vos Hestia.
Ed anche da Moas l'addio è al veleno. L'organizzazione
ricorda di aver salvato oltre 40mila migranti nei suoi tre anni
di attività e di aver sottoscritto il Codice di condotta "come
atto di fiducia verso il Governo italiano. Attualmente però -
sottolinea - non è chiaro cosa succeda in Libia ai danni delle
persone più vulnerabili i cui diritti andrebbero salvaguardati
in ottemperanza al Diritto internazionale e per difendere il
principio di umanità". Moas sposterà così la sua attività di
soccorso in mare nel Sudest asiatico, dove è in corso un esodo
mortale per la crisi dei Rohingya nel Myanmar. Nel frattempo
"continuerà a tenere sotto osservazione le rotte migratorie nel
Mediterraneo, pronta a rispondere a quei cambiamenti che
consentano di operare secondo i propri principi".
Da parte sua il ministro dell'Interno Marco Minniti ieri ha
invitato le ong ad operare non solo nel Mediterraneo, ma anche a
terra in Africa ed ha ribadito che "non c'è alcuna intenzione di
criminalizzare le organizzazioni umanitarie: il Codice è un
elemento di garanzia" per loro. (ANSAmed).
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Migranti: ong in fuga dal Mediterraneo, lascia anche Moas
'Non è chiaro cosa accade in Libia a persone vulnerabili'