(dell'inviato Emanuele Riccardi)
(ANSAmed) - BARCELLONA, 22 AGO - Raul Romeva, il 'ministro
degli esteri' catalano, non lo dirà neanche sotto tortura, ma
difficilmente si terra' il primo ottobre prossimo come previsto
il referendum sull'indipendenza della Catalogna, dopo l'attacco
alla Rambla di giovedì scorso con almeno 15 morti e centinaia di
feriti. "In questa situazione tragica abbiamo due priorità -
spiega Romeva in una intervista all'ANSA, nel suo ufficio di
Conseller d'Afers Exteriors della Generalitat de Catalunya, a
due passi dalla Cattedrale di Barcellona - occuparci delle
vittime e portare avanti le inchieste di polizia, il resto
vedremo". E si rifiuta di entrare nei dettagli e di alimentare
le tensioni con Madrid in un momento di relativa tregua
istituzionale dopo gli attentati di Barcellona e di Cambrils.
"Occorre lavorare con tutte le istituzioni, poi vedremo nei
prossimi giorni in che situazione ci troveremo", aggiunge.
"In questa vicenda i Mossos d'Esquadra, la polizia catalana,
hanno dimostrato di essere all'altezza delle migliori polizie
internazionali - spiega il 'ministro degli esteri' -. Noi siamo
per un coordinamento massimo, per un interscambio delle
informazioni spinto al massimo, con azioni e cooperazione tra
paesi come Spagna, Italia e Francia, come suggerito anche dal
vostro ministro degli esteri Angelino Alfano. Voglio mettere in
evidenza il fatto che abbiamo in Catalogna la volontà politica
di cooperare con tutto il mondo. Tra tutti gli attori presenti
occorre una cooperazione massima, ci sembra logico, a tutti i
livelli". Romeva non vuole ricordarlo, ma soltanto la polizia
nazionale spagnola partecipa ai coordinamenti Interpol in un
momento in cui appaiono sempre più evidenti i legami
internazionali della cellula jihadista catalana.
Il consigliere esteri catalano nega qualsiasi chiusura nei
confronti di Madrid. "Per la Generalitat non è mai stato un
problema parlare con tutti. La nostra volontà di collaborare e'
costante. Esisteva, esiste ed esisterà sempre, in qualsiasi
scenario".
Ad ogni modo, aggiunge, parlando dell'attacco a Barcellona,
"il problema non e' chiudere questa o quella strada, ci sarà
sempre una strada accanto libera e la sicurezza al 100% non
esiste. Il vero problema e' la radicalizzazione. Vogliono
terrorizzarci, intimorirci. La risposta migliore l'abbiamo vista
il giorno dopo per le strade: tutti sono usciti normalmente,
hanno manifestato a placa Catalunya normalmente, passeggiano
oggi per la Rambla normalmente. Non abbiamo paura. Se costruiamo
muri e barriere, succedono due cose: vincono loro e non
arginiamo il terrorismo. Il problema vero e' perché giovani di
17-20 anni fanno quello che questi ragazzi hanno fatto".
Alla manifestazione cittadina di sabato prossimo, spiega
infine Romeva, "sarà importante spiegare che non c'e' un
problema di convivenza, che qui non c'e' un problema con
l'islam, non c'e' un problema con la comunità' marocchina. Il
problema non e' la convivenza ma chi crede che la convivenza sia
un problema. Dobbiamo combattere il radicalismo".
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Strage Barcellona allontana il referendum in Catalogna
'Ministro esteri' Romeva, priorità le vittime e l'inchiesta