(di Rodolfo Calò)
(ANSA) - IL CAIRO, 28 LUG - Più passano le ore, più affiorano
dubbi sulle possibilità che l'intesa fra il premier libico Fayez
Al Sarraj e il generale Khalifa Haftar sulla soluzione della
crisi libica sia realizzabile nei termini concordati alle porte
di Parigi con la mediazione del presidente francese Emmanuel
Macron. Commenti di analisti e dichiarazioni indicano vari nodi
in particolare nell'auspicata via verso le elezioni e nel ruolo
che avranno le milizie fuori del controllo dei due.
E per l'Italia si aggiunge l'incognita di una nuova
situazione che andrà a incidere su una collaborazione impostata
con Sarraj sulla lotta al traffico di migranti.
Pure un grande giornale francese, Le Monde, fin da subito
aveva avvertito che la "dichiarazione congiunta" concordata ma
significativamente non firmata martedì è "senza garanzia di
risultato". Come hanno notato analisti, la stretta di mano col
presidente francese al centro del resto - un'eccellente "photo
opportunity" - non è stata concordata con le potenze regionali e
globali (la Russia sponsor di Haftar assieme all'Egitto), né con
le milizie che spadroneggiano in Libia. Sarraj poi si era
presentato a La Celle Saint-Cloud senza un mandato. Anche i
Fratelli musulmani, che attraverso il "Partito giustizia e
costruzione" avevano applaudito alla roadmap presentata di
recente dal premier, hanno respinto l'intesa di Parigi.
L'impegno a tenere elezioni presidenziali "il prima
possibile" non indica una data limite e quindi non va oltre le
mere indiscrezioni sull'obiettivo del marzo prossimo emerse dal
vertice di Abu Dhabi del maggio scorso, quello con una foto
insieme, ma senza stretta di mano, né comunicati congiunti. Per
indirle infatti serve la maggioranza dei due terzi del
parlamento che, a Tobruk, in genere vede sedersi una metà dei
deputati. Pesano poi le eclatanti ambizioni politiche di Haftar
lasciate trasparire anche oggi in interviste in cui ha elogiato
i vantaggi di un "regime presidenziale" e prospettato un ruolo
persino per Saif Al Islam, il figlio dell'ucciso dittatore
Muammar Gheddafi.
Pericoloso è soprattutto però il capitolo milizie che solo
apparentemente sembra risolto con l'intesa sul "cessate il
fuoco" e una sorta di amnistia per quelle che acconsentiranno di
entrare nei ranghi di Haftar, della polizia o di ritornare alla
vita civile. Il generale, rafforzato da successi nel centro-sud
del paese e a Bengasi, come da testo dell'accordo si riserva di
combattere contro i "terroristi": termine però con cui di solito
indica anche le milizie che presidiano Tripoli e soprattutto
quelle di Misurata al seguito del terzo incomodo della crisi
libica, l'ex-premier Khalifa Ghweil.
Questo resta il caos libico in cui l'Italia, assieme all'Ue,
comunque è riuscita ad impostare una collaborazione per cercare
di frenare la falla attraverso cui si riversa la disperazione
del continente africano: con motovedette restituite alla Guardia
costiera per bloccare migliaia di migranti alla deriva, con
l'imminente rimodulazione dell'operazione Mare sicuro in acque
territoriali libiche. Inoltre si è appreso che il capo
dell'operazione europea Sophia, l'ammiraglio Enrico Credendino,
sarà a Tripoli il primo agosto nell'ambito dei lavori sul nuovo
piano operativo dell'operazione. (ANSA)
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Libia, Tobruk e le milizie restano i nodi
Dopo l'accordo di Parigi emergono dubbi sull'addio alle armi