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Msf, paradossale accusare Ong per aumento morti nel Med

'Porti sbarco non decisi da noi. Siamo medici non poliziotti'

Redazione Ansa

ROMA - La presenza delle navi delle ong nel Mediterraneo fa aumentare i morti? "E' paradossale". E' il commento di Marco Bertotto, responsabile advocacy di Medici senza Frontiere, alle dichiarazioni del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catania, Carmelo Zuccaro, nella sua audizione di ieri al Comitato Schengen del Parlamento italiano.

Le Ong, ha detto Bertotto all'ANSA, operano sotto il coordinamento della Guardia costiera italiana e nel rispetto del diritto marittimo internazionale, non scelgono il porto di sbarco, posizionano le navi dove statisticamente avviene la maggior parte dei naufragi. Quanto all'accusa di "mettere in scacco" le inchieste sui traffici di migranti, "siamo medici e non poliziotti", è la sua replica. La premessa - ha rilevato Bertotto - è il disagio nel vedere che gli unici soggetti che hanno come mandato, insieme alla Guardia costiera, il soccorso in mare, sono additati come responsabili dell'aumento della mortalità dei migranti. E' paradossale".

"Se c'è la necessità di operare i soccorsi in mare - spiega - è perché le politiche europee danno come unica possibilità per raggiungere l'Europa quella di mettersi in mare rischiando la vita. Non c'è alternativa. Le Ong, e Msf, operano sotto il coordinamento della Guardia costiera italiana e, di fatto, nel rispetto del diritto marittimo internazionale, che prevede l'obbligo di soccorso in mare. Facciamo ciò che il diritto marittimo prevede".

Sulla questione dei porti di sbarco - secondo il pm di Catania le navi delle ong dovrebbero scegliere quelli più vicini e invece non lo fanno - Bertotto ricorda innanzitutto che "la Convenzione di Amburgo del 1979 prevede che il porto di sbarco debba essere quello più sicuro e non quello più vicino". "Nella individuazione del porto sicuro c'è il tema della protezione della vita dei naufraghi. Le persone che attraversano il Mediterraneo centrale sono in genere richiedenti asilo, per i quali c'è l'obbligo di consentire l'accesso a un sistema di protezione internazionale che in Italia è garantito e non sappiamo se in altri Paesi lo sarebbe". E comunque, "la destinazione del porto non viene decisa dalle ong ma dalle autorità italiane, che coordinano i soccorsi. Quando noi avvistiamo o riceviamo segnalazioni di un barcone in difficoltà, avvisiamo la Guardia costiera e ci mettiamo a disposizione. Noi sbarchiamo in Italia dietro istruzioni delle autorità italiane.

La scelta del porto è in base a convenzioni internazionali, e non la facciamo noi".

Rispetto ai sospetti di contatti con gli scafisti, "è tutto assolutamente non veritiero. Le operazioni le svolgiamo in acque internazionali, non andiamo a prendere i migranti in Libia. Ci posizioniamo nelle zone dove avvengono statisticamente i naufragi, e cioè a 15, 20, 25 miglia dalle coste libiche. Noi andiamo dove c'è bisogno".

Infine, l'accusa di 'mettere in scacco' le inchiesta sui trafficanti: "noi siamo medici, non poliziotti. Non ci si può chiedere di fare un lavoro che non è nel nostro mandato. Lieti di rispondere alle richieste di chiarimenti delle procure - ha concluso -, ma non ci si può aspettare che Msf faccia attività di polizia che non rientra nelle sue competenze". 

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