(ANSAmed) - ROMA, 21 FEB - Dopo la grande ondata di migranti
tunisini riversatisi sull'isola di Lampedusa dopo la rivoluzione
contro il presidente Ben Ali, l'accordo bilaterale tra Roma e e
Tunisi dell'aprile 2011 ha fatto registrare una diminuzione
degli arrivi dai 22.000 del 2011 ai 605 del 2014. Poi vi è stato
nuovo aumento nel 2015 e nel 2016, con 1204 ingressi di
irregolari e 1.711 rimpatri, secondo fonti tunisine.
Un accordo che ora si punta a rafforzare, come emerso dalla
recente firma di una dichiarazione congiunta tra il ministro
degli Esteri, Angelino Alfano, e il suo omologo tunisino
Khemaies Jhinaoui, sulla base di un interesse comune a stabilire
una "gestione concertata" del fenomeno migratorio, rafforzando
le capacità della Tunisia nel controllo delle frontiere
(marittime in particolare) e nella lotta al traffico. Un accordo
di cooperazione generale i cui termini non sono ancora definiti,
ha poi precisato Alfano smentendo l'esistenza di un'intesa - di
cui aveva scritto il Corriere della Sera - affinché la Tunisia
accolga 200 migranti al mese, fra quelli intercettati in acque
internazionali.
Alcune fonti di stampa tunisina hanno intanto parlato
dell'esistenza di progetti di 'esternalizzazione' delle
procedure di asilo dell'Unione Europea in Tunisia, Egitto e
Marocco: paesi pilota in cui testare l'apertura di centri di
accoglienza e identificazione dei migranti. Il premier tunisino
Youssef Chahed ha da parte sua ribadito, durante la recente
visita in Germania, il suo no a campi per migranti in Tunisia.
"La nostra democrazia è troppo giovane", ha detto alla Bild,
"bisogna trovare una soluzione insieme alla Libia".
La guerra nella vicina Libia ha trasformato anche la Tunisia
in una terra di transito per migranti e richiedenti asilo, ma a
mettere in discussione la reale fattibilità di tali proposte vi
sta l'esempio del campo di Choucha: un campo allestito nel
febbraio 2011 dall'Unhcr e altre organizzazioni internazionali e
tunisine vicino al posto di frontiera di Ras Jedir, in pieno
deserto, con migliaia di rifugiati sub-sahariani ammassati in
condizioni ai limiti della decenza. L'esperienza del campo di
Choucha, infine chiuso nel giugno 2013, "è la prova tangibile -
scrive Debora del Pistoia della filiale tunisina dell'Ong
italiana Cospe - dell'inadeguatezza delle strutture normative e
organizzative della gestione dell'accoglienza e della protezione
di migranti e richiedenti asilo in Tunisia".
L'ordinamento tunisino non possiede ancora una normativa sul
diritto di asilo, sebbene si sia dotata nel luglio 2016 di una
legge contro la tratta degli esseri umani, e non prevede norme
specifiche per la detenzione amministrativa dei migranti
stranieri. Detenzione che sarebbe comunque praticata, secondo
alcune Ong, con carcerazioni spesso arbitrarie in cui le vittime
sono i migranti stessi, rimasti loro malgrado sul territorio.
(ANSAmed).
Leggi l'articolo completo su ANSA.it
Migranti: Tunisia rafforza accordo Italia ma dice no a campi
Meno sbarchi tunisini in Europa, non pronta accoglienza da Libia