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Migranti: Habeshia, anche da Nigeria e Sudan si cerca asilo

Lettera a commissario Ue, tanti in fuga da guerre e terrorismo

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 9 DIC - Non solo siriani ed eritrei, ma anche uomini e donne in fuga dalle tragedia in atto in Nigeria, Sud Sudan, Somalia, Mali e altri Paesi devono essere considerati per lo status di rifugiati. Lo sottolinea l'Agenzia Habeshia, in una lettera aperta al commissario Ue Dimitris Avramopoulos.

Questi ha dichiarato ieri che l'80% di quanti approdano in Italia sono migranti economici, da considerarsi come "irregolari" e dunque da rimpatriare secondo la Ue, che non intenderebbe "cambiare i criteri" per aggiungere nazionalità a quelle che già possono beneficiare dei ricollocamenti.

"Certamente conoscerà - scrivono Don Mussie Zerai ed Emilio Drudi, rispettivamente presidente e portavoce dell'Agenzia che da anni si occupa di profughi e migranti - il rapporto dell'Onu che appena poche settimane fa ha denunciato che oltre 400 mila bambini sono vittime della carestia, in Nigeria, a causa della situazione provocata dai miliziani fondamentalisti di Boko Haram. Anzi, secondo l'Unicef, 75 mila rischiano di morire di fame nei prossimi mesi", aggiungono, evidenziando anche uccisioni, rapimenti, saccheggi, attentati e stragi nel Paese.

Quanto al fatto che solo siriani ed eritrei avrebbero titolo per essere accolti e distribuiti tra gli Stati Ue, "secondo il diritto internazionale e la Convenzione di Ginevra - dicono ad Habeshia - le richieste di asilo vanno esaminate caso per caso, ascoltando le storie individuali" e non su base nazionale. In Sud Sudan, si aggiunge nella lettera al commissario Ue, la "guerra civile che sta devastando il paese da tre anni, tanto da provocare almeno 10 mila morti e 3 milioni di profughi, rischia di trasformarsi in un vero e proprio genocidio, con le fazioni in lotta pronte ad ammazzare e a fare strage in base all'etnia".

"Per non dire della 'carestia provocata'" dal fatto che "da almeno due anni non si fanno più semine a causa della guerra". Si cita poi "la Somalia implosa e in preda alla guerra civile, con i miliziani di Al Shabaab, affiliata ad Al Qaeda, che mettono a segno una media di oltre 900 attentati l'anno", ed "una siccità e una carestia che investono milioni" di abitanti. E il Mali dove "la guerra esplosa con la rivolta del 2012 nelle regioni del nord, il cosiddetto Azawad, non è mai finita", o il Darfur, "la martoriata regione del Sudan" dove la popolazione è ancora vittima di "violenze di ogni genere perpetrate dalla polizia del regime di Al Bashir".

E ancora lo Yemen, travolto dalla guerra tra i ribelli sciiti e la coalizione araba a guida saudita, con migliaia di morti e milioni di profughi. O il Gambia, la Repubblica Centrafricana, o "lo stesso Niger, scelto dall'Europa per farne un grande "hub" di smistamento per i profughi ma che sembra tutt'altro che sicuro" per una crescente escalation di attentanti.

Perchè dunque solo eritrei e siriani? Il motivo potrebbe essere, ipotizza Habeshia, che alcuni degli Stati citati e da cui si continua a fuggisre sono "proprio gli stessi con cui l'Unione Europea ha stretto tutta una serie di trattati per fermare i profughi prima ancora che arrivino alle sponde del Mediterraneo. Ci riferiamo ai Processi di Rabat e Khartoum, agli accordi firmati a Malta nel novembre 2015, al patto con la Turchia" che "in effetti, funziona benissimo come 'barriera' - conclude la lettera, ma "sulla pelle dei profughi". (ANSAmed).

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