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Bosnia: sale tensione per referendum serbo-bosniaci

Domenica consultazione su festa nazionale, si teme secessione

Redazione Ansa

(ANSAmed) - SARAJEVO, 23 SET - Nonostante il divieto della Corte costituzionale e le critiche della comunità internazionale, domenica nella Republika Srpska (Rs, entità a maggioranza serba di Bosnia) si terrà un referendum il cui solo annuncio ha provocato la più grave crisi politica in Bosnia-Erzegovina dalla fine della guerra del 1992-95: 1,2 milioni di aventi diritto diranno se desiderano continuare a festeggiare il 9 gennaio come festa nazionale della Rs.

Il parlamento della Rs ha indetto il referendum il 15 luglio scorso in risposta alla Corte costituzionale bosniaca che, su un ricorso del membro musulmano della Presidenza tripartita, Bakir Iyetbegovic, ha dichiarato illegale e incostituzionale la festività del 9 gennaio perché discriminatoria nei confronti dei non serbi residenti nella Rs: croati, musulmani e altri. Allo stesso modo in precedenza erano stati dichiarati discriminatori l'inno serbo e lo stemma della Rs perché contenente solo le insegne serbe. Il 9 gennaio si richiama a quella data del 1992 quando i parlamentari serbo-bosniaci proclamarono illegalmente la cosiddetta Repubblica serba di Bosnia da annettere alla Serbia, un atto di secessione che portò al conflitto armato. Il 17 settembre scorso l'Alta Corte ha ordinato la sospensione della decisione sul referendum, ma il presidente della Rs, Milorad Dodik, non ha desistito dalla decisione di tenere la consultazione, definita dalla comunità internazionale "inutile" e dall'esito noto in anticipo, e pericolosa per la stabilità del Paese secondo politici bosniaci. Potrebbe essere il primo passo verso la secessione, ha detto Izetbegovic, mentre per l'ex comandante delle forze governative durante la guerra, Sefer Halilovic, sarà una violazione dell'accordo di pace di Dayton e aprirà a un nuovo conflitto armato.

Alle dichiarazioni di Halilovic, nonostante si tratti di una figura marginale sulla scena politica bosniaca, ha reagito duramente Belgrado, che tuttavia si è detta contraria al referendum, che l'opposizione nella Rs definisce "un affare privato di Dodik", accusandolo di utilizzarlo per la promozione del suo partito, Snsd, in vista delle elezioni amministrative del 2 ottobre. L'unico sostegno Dodik l'ha ottenuto dall'ambasciatore russo in Bosnia, un sostegno tuttavia non confermato dal presidente Putin che lo ha ricevuto ieri a Mosca.

Sia Belgrado che Mosca, ha detto l'Alto rappresentante della comunità internazionale in Bosnia Valentin Inzko, sono interessati in primo luogo alla stabilità. (ANSAmed).

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