(di Patrizia Antonini)
(ANSAmed) - BRUXELLES, 5 MAG - Repubblica Ceca, Ungheria,
Polonia e Slovacchia sono in rivolta contro l'ipotesi di un
"equo meccanismo" di ridistribuzione di richiedenti asilo ed il
conseguente contributo di solidarietà" da 250mila euro per ogni
profugo non accolto, previsti dalla proposta della Commissione
Ue per la riforma di Dublino.
"E' un ricatto inaccettabile", mette in guardia il ministro
degli Esteri ungherese Peter Szijjarto, mentre quello ceco
Lubomir Zaoralek definisce la proposta di Bruxelles "una
spiacevole sorpresa".
E dopo aver presentato ricorso, così come Bratislava, alla
Corte Ue contro lo schema di ricollocamenti da Italia e Grecia
imposto con un voto a maggioranza l'estate scorsa, ora Budapest
è sempre più decisa ad andare avanti col referendum contro le
quote. Il governo del premier nazionalista Viktor Orban indirà
il quesito già entro ottobre. D'altra parte, anche durante le
riunioni degli ambasciatori dei 28 (Coreper) i quattro Paesi di
Visegrad non avevano fatto mistero della loro chiusura.
Sul fronte opposto, Roma, Berlino e pochi altri puntavano
invece ad una gestione totalmente europea dei profughi, con lo
scardinamento della responsabilità per il Paese di primo
ingresso.
Bruxelles alla fine ha mantenuto l'impianto attualmente in
vigore con una formula ibrida, per cercare di raggiungere il
maggior numero di consensi possibile.
Intanto il premier britannico David Cameron, impegnato nella
campagna referendaria di giugno contro la Brexit, è uscito
rafforzato dall'aver ottenuto la possibilità di tenersi alla
larga dall'iniziativa, grazie alla formula dell'opt in.
"Il vecchio regolamento di Dublino, non ha funzionato. E'
stato ucciso dalla pressione senza precedenti", afferma il
commissario Ue alla Migrazione Dimitris Avramopoulos. E il
vicepresidente vicario Frans Timmermans sottolinea che non può
esistere una "solidarietà à la carte". "Se non ci sarà
solidarietà qui, nel breve termine - dice - non ci sarà
solidarietà in altri settori".
Il capogruppo S&D all'Europarlamento Gianni Pittella invoca
invece "garanzie chiare sul fatto che le sanzioni siano
applicate in modo debito. Per noi la solidarietà deve essere
vincolante o è carità".
A far discutere è anche la raccomandazione della Commissione
Ue con cui permette a Austria, Germania, Danimarca, Svezia e
Norvegia di estendere i controlli temporanei alle frontiere
interne fino ad un massimo di sei mesi. L'iniziativa, sulla base
di un articolo del Codice Schengen mai usato prima, è legata
alle carenze persistenti nella gestione greca delle frontiere
esterne. Proprio per questo tra i confini oggetto dei 'check'
non figura il Brennero. Ma secondo un portavoce della
cancelleria austriaca, Vienna legge nella decisione "una
conferma delle misure prese finora" e "nessun ostacolo a nuove
misure al confine con l'Italia, se la situazione dovesse
cambiare". Per il premier Matteo Renzi, al Brennero l'Austria
sta facendo un "esercizio di propaganda pericoloso".
Mal di pancia si registrano anche per il via libera di
Bruxelles, seppur condizionato, all'esonero per i visti alla
Turchia, tra i punti controversi dell'intesa con Ankara sulla
gestione dei migranti. La Turchia ha soddisfatto 67 dei 72
criteri, ma per fine giugno e l'ok definitivo dovrà completare
il lavoro. Al Parlamento Ue le varie famiglie politiche si
preparano ad un attento scrutinio, promettendo che "le regole
non saranno annacquate". E in particolare, il leader del Ppe
Manfred Weber chiede che sia creato un "freno d'emergenza".
(ANSAmed).
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Multe Ue a chi non accetta profughi, rivolta dei Paesi est
Estesi controlli confini per 5 paesi. Sì a esonero visti Turchia