(di Cristoforo Spinella)
(ANSA) - ISTANBUL, 6 LUG - Dal voto che ha scosso la Turchia
è passato un mese ma non molto è cambiato.
Dopo le politiche che il 7 giugno scorso hanno tolto all'Akp
di Recep Tayyip Erdogan la maggioranza assoluta dei seggi per la
prima volta dal 2002, la formazione di un governo resta ancora
lontana. Di rinvio in rinvio, gli ostacoli a un accordo di
coalizione hanno congelato trattative che formalmente non sono
ancora partite. "Cominceremo la prossima settimana", ha promesso
venerdì il premier dimissionario, Ahmet Davutoglu. Sarà lui a
ricevere l'incarico come leader del primo partito, l'Akp, che ha
conquistato 258 dei 550 seggi. Forse già domani o mercoledì, se
nel frattempo verrà completata la formazione dell'ufficio di
presidenza del nuovo presidente del Parlamento, l'ex ministro
della Difesa Ismet Yilmaz.
Da allora scatterà il conto alla rovescia per un nuovo
esecutivo: 45 giorni dopo i quali, senza un accordo, la Turchia
sarà costretta a tornare alle urne. Un'ipotesi che è ancora sul
tavolo, perché i negoziati restano in alto mare. Rumours da
Ankara suggeriscono che il conferimento dell'incarico potrebbe
anche slittare ancora, visto che giovedì e venerdì Davutoglu
sarà in Bosnia per commemorare il ventennale del massacro di
Srebrenica. "L'attuale governo provvisorio, che dovrebbe gestire
gli affari correnti, sta agendo come se fosse lo stesso governo
di prima delle elezioni", ha attaccato oggi Levent Gok,
vicecapogruppo dei socialdemocratici del Chp, seconda forza in
Parlamento.
Sullo sfondo, secondo alcuni analisti, c'è la volontà dell'
Akp di rimanere in sella da solo fino al Consiglio militare
supremo di inizio agosto, quando potrebbe essere decisa una
strategia d'intervento in Siria. Da giorni si rincorrono le voci
di un possibile sconfinamento turco per creare una zona
cuscinetto e contrastare l'avanzata di Isis e milizie curde.
Anche se finora Davutoglu ha escluso un "intervento immediato",
il dispiegamento di forze al confine prosegue quotidianamente,
con 54 mila soldati già schierati insieme con mezzi corazzati e
lanciamissili. Una coalizione tra l'Akp e i nazionalisti del Mhp
sarebbe "un governo di guerra", suggerisce il deputato del
partito filo-curdo Hdp Celal Dogan, che nel fine settimana ha
incontrato a sorpresa Erdogan come "iniziativa personale" e "non
vincolante per il partito", ufficialmente dovuta a rapporti
preesistenti.
Proprio un accordo Akp-Mhp sembra quello più probabile dopo
che l'astensione dei nazionalisti è stata decisiva per
l'elezione del candidato di Erdogan alla presidenza del
Parlamento. A non arrendersi è però il leader del Chp, Kemal
Kilicdaroglu, che ha lanciato "per un'ultima volta" l'appello a
formare una coalizione dei partiti anti-Erdogan: "Non è ancora
finita", ha detto al "blocco del 60%" dei seggi. Finora,
l'indisponibilità dei nazionalisti ad accettare anche solo un
appoggio esterno dei curdi ha bloccato le trattative. Per questo
il tentativo di Kilicdaroglu sembra già rivolto alle prossime
elezioni: "Nessuno potrà dire che il Chp non ha fatto uno
sforzo". (ANSA).
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ANSA/ A un mese da voto-terremoto, Turchia ancora senza governo
In settimana incarico a Davutoglu. Sale tensione a confine Siria