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Libia: Sindaco Tripoli, no ai raid contro i barconi

"Gente penserebbe attacco Italia.Serve piano sviluppo sud Paese"

Redazione Ansa

(di Laurence Figà-Talamanca) (ANSAmed) - ROMA, 29 APR - Colpire barconi e scafisti sulle coste libiche "non si può fare". I raid "creerebbero un grosso problema tra i nostri Paesi: il popolo libico penserebbe che l'Italia sta attaccando le nostre coste". Anche il sindaco di Tripoli, Mahdi al Harati, ex ribelle che ha combattuto Muammar Gheddafi (e per un periodo anche Bashar al Assad in Siria), si unisce al coro di no alle ipotesi emerse dal Consiglio europeo della scorsa settimana per contrastare l'immigrazione illegale nel Mediterraneo.

"Sento parlare di intervento militare. Io invece propongo un intervento di sviluppo, di amicizia, un intervento economico, storico, culturale", spiega al Harati in un'intervista all'ANSA durante una sua visita a Roma per "incontri economici".

"I migranti tentano di raggiungere l'Europa perché cercano un lavoro, una casa, l'istruzione per i figli e cure mediche. Se avessero tutto questo vicino a casa, non affronterebbero i rischi del viaggio prima attraverso il deserto e poi in mare", è la premessa per lanciare la sua proposta: "Serve un piano di sviluppo nel sud della Libia", più vicino ai Paesi di origine dei migranti. L'idea - che al Harati dice di aver già presentato ad alcuni europarlamentari - è quella di creare posti di lavoro nelle regioni meridionali della Libia, dove potrebbero investire e trasferirsi "anche aziende europee e italiane che oggi stanno fallendo". Per farlo, aggiunge, "noi, libici e italiani, dovremmo discutere insieme e trovare una soluzione per fermare questo crimine contro i migranti, contro la Libia, contro tutti".

Ma per farlo serve anche una stabilità politica che - dopo la bocciatura di ieri al piano dell'inviato Onu Bernardino Leon da parte del Congresso generale di Tripoli (il parlamento non riconosciuto dalla comunità internazionale) - sembra ancora molto lontana. "L'accordo è stato respinto perché avrebbe prolungato di due anni il mandato del parlamento di Tobruk. E perché noi non accettiamo il generale Khalifa Haftar (nominato dal governo riconosciuto) come capo dell'esercito libico", afferma il sindaco della capitale vicino alle milizie di Fajr Libya.

"Ma quella di Leon non è l'unica proposta", prosegue l'ex combattente, sposato con un'irlandese, che di sé dice di essere "tornato alla vita civile, dopo aver consegnato la mia arma, per lavorare per la pace". Secondo al Harati, sia le milizie filo-islamiche di Fajr Libya che dominano a Tripoli, sia l'esercito di Haftar, dovrebbero "sciogliersi per poter creare un esercito libico nazionale, unico e legittimo".

E sul nome di Abdel Rahman Shalgam, ex ambasciatore libico in Italia ed ex ministro degli Esteri, come possibile futuro leader di un governo di unità nazionale, al Harati è scettico: "Non giudico la persona, ma viene visto come troppo vicino a Gheddafi. La sua nomina alzerebbe un polverone, ostacolerebbe l'unità della Libia".

Da sindaco, infine, vuole rassicurare sulla situazione nella sua città: "Le violenze dell'Isis che si vedono sui media avvengono ad almeno 100 km da Tripoli. Certo, come in tutto il mondo potrebbero esserci degli attacchi. Ma sotto il controllo di Fajr Libya - assicura - Tripoli è una città sicura".

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