(di Claudio Salvalaggio)
(ANSAmed) - MOSCA, 24 APR - Il governo di Erevan è pronto a
una normalizzazione "senza precondizioni" con la Turchia: il
presidente armeno Serzh Sarksyan apre a una riconciliazione nel
giorno delle commoventi celebrazioni per il centenario del
genocidio di 1,5 milioni di armeni da parte dei turchi ottomani,
con la partecipazione di migliaia di persone e di una ventina di
capi di Stato e di governo, tra cui Putin e Hollande.
Un genocidio che Ankara continua a contestare sul piano
storico e giuridico, con proteste diplomatiche che hanno colpito
recentemente il Vaticano e l'Austria.
"Siamo pronti per la normalizzazione delle relazioni con la
Turchia, per avviare un riavvicinamento fra le nazioni armena e
turca, senza alcuna precondizione", ha affermato Sarksyan in
un'intervista al quotidiano turco Hurriyet.
Il presidente armeno si è detto favorevole anche a
un'apertura della frontiera fra i due Paesi, che contribuirebbe
a creare un'atmosfera di fiducia, favorirebbe il commercio e
promuoverebbe lo sviluppo delle province turche del sud-est. In
questo modo ha rilanciato gli accordi di pace del 2009, ritirati
dal parlamento due mesi fa per le "politiche non costruttive
della Turchia". In ogni caso il leader armeno ha espresso la
speranza che i progressi per riconoscere il genocidio
"contribuiscano a dileguare le tenebre di cento anni di
negazionismo": parole applaudite durante la cerimonia al
gigantesco memoriale di Tsitsernakaberd, dove i vari leader
hanno deposto una rosa gialla al centro di una corona
raffigurante il non-ti-scordar-di-me, il fiore scelto come
simbolo dell'evento. Un tema su cui ha insistito Hollande: "Non
dimenticheremo mai le tragedie che il vostro popolo ha
sopportato". Il leader del Cremlino ha usato il suo discorso per
ammonire contro i pericoli del nazionalismo, della xenofobia e
dell'odio religioso, ma anche della 'russofobia', con una
evidente frecciata al governo ucraino e all'Occidente.
Erevan intanto ha messo a segno oggi un altro punto a suo
favore in Germania, nonostante la presenza di una forte comunità
turca: il presidente del Bundestag, Norbert Lambert, ha detto
senza mezzi termini che "ciò che è accaduto nel mezzo della
Prima Guerra Mondiale nell'Impero Ottomano sotto gli occhi
dell'opinione pubblica mondiale è stato un genocidio", facendo
eco alle parole del presidente della Repubblica federale,
Joachim Gauck. E tutti i gruppi parlamentari tedeschi hanno
aderito a un testo che definisce il massacro come un
'genocidio', anche se in una formula più ampia, condivisa dalla
cancelliera Angela Merkel.
Obama invece ha dovuto pesare la sua dichiarazione, definendo
i massacri armeni "la prima atrocità di massa del ventesimo
secolo" ma senza usare il termine genocidio - come aveva fatto
invece nella sua campagna elettorale del 2008 - anche se plaude
alle parole di Papa Francesco che lo ha fatto. Un equilibrismo
che non è piaciuto agli armeni americani: l'esercizio in
ginnastica linguistica del presidente "non si addice agli
standard che lui stesso ha definito e a quelli di un leader
mondiale di oggi", ha commentato Bryan Ardouny, direttore
esecutivo dell'assemblea armena d'America. E se appare in
qualche modo scontata la manifestazione di migliaia di armeni
iraniani davanti all'ambasciata turca di Teheran per chiedere il
riconoscimento del genocidio del 1915, è quanto accade in
Turchia che suscita una certa sorpresa. E' vero che il
presidente Recep Tayyip Erdogan ha ribadito la tesi negazionista
di Ankara, affermando che "i nostri antenati" non hanno commesso
un genocidio contro gli armeni, ma la stampa si è profondamente
divisa oggi e due quotidiani di opposizione hanno aperto in
prima pagina con titoli in armeno, "Mai più!", per Cumhuriyet, e
"Centenario del genocidio" per il pro-curdo Ozgur Gundem. A
Instabul, inoltre, armeni e turchi hanno marciato insieme in
piazza Taksim per commemorare il rastrellamento di 250
intellettuali armeni il 24 aprile del 1915, considerato l'inizio
dei massacri. E, sempre a Istanbul, Volkan Bozkir, ministro per
le relazioni tra Turchia e Ue, ha partecipato a una messa al
patriarcato armeno di commemorazione: è la prima volta di un
dirigente del governo turco. "Rispettiamo il dolore provato dai
nostri fratelli armeni. Non siamo in alcun modo contrari a
commemorare questo dolore...Ci sentiamo in debito di partecipare
a questa funzione religiosa". Parole che forse fanno riflettere
"sul difficile ma necessario compito di fare i conti con il
passato", come ha auspicato Obama. (ANSAmed).
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Armeni: 100 anni genocidio, Sarksyan riapre a Turchia
Putin-Hollande solidali a Erevan. Critiche a Obama