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Tunisia: controllo Stato su moschee segnale divisione Paese

Imam protestano per ingerenza nella gestione luoghi culto

Redazione Ansa

(di Diego Minuti) (ANSAmed) - ROMA, 18 DIC - L'annuncio, dato ieri con toni di grande soddisfazione, che lo Stato tunisino ha riaffermato il suo controllo su tutte le moschee del Paese, sembra avere creato un'ulteriore occasione di divisioni in Tunisia dove un evento assolutamente normale (le moschee, con la loro gestione e le loro attività, rientrano nelle competenze del Ministero degli Affari religiosi) viene letto da molti imam come una inaccettabile ingerenza.

Il problema, estremamente complesso, si può spiegare in poche battute: dalla caduta di Ben Ali, molte moschee - prima controllate dal Ministero degli Affari religiosi - sono state 'conquistate' da imam integralisti, salafiti o takfiristi che siano. Una operazione agevolata dal clima di totale anarchia che il Paese ha attraversato nei primi mesi di democrazia, dove ciascuno ha ritenuto che quel che prima era vietato, con Ben Ali in fuga era fattibile. Come testimonia l'anarchia in alcuni settori della vita tunisina, come, ad esempio, le costruzioni.

Ma sulle moschee il discorso s'è immediatamente complicato perchè, mettendo da parte le attività squisitamente religiose, molte moschee, cadute in mano salafita, hanno cominciato a fare proselitismo, diventando anche centri di indottrinamento, arruolamento ed addestramento di ragazzi poi finiti a commbattere - e spesso morire - in Iraq, Siria, Libia. La decisione dello Stato di riprendere il controllo delle msoschee è stata politica ancor prima che religiosa o amministrativa, essendo diventati i luoghi di culto e preghiera delle zone all'insegna dell'extraterritoralità. Tanto che, appena pochi mesi fa, gruppi di salafiti braccati dalla polizia si sono barricati appunto nelle moschee. Ora però il nuovo governo (posto che quello a connotazione nadahouista si era ben guardato dal farlo) ha deciso che l'epoca dell'illegalità è finita e che nelle moschee si debba tornare a parlare di religione e non di politica o jihad.

Ma tale decisione sino a che punto si ferma davanti alla libertà di espressione e religione garantita ai cittadini? Non è un quesito per costituzionalisti, ma solo di buon senso. E la protesta che ieri ha visto molti imam (non necessariamente estremisti) schierarsi contro il cantare vittoria del governo conferma che il quesito va al fondo dei rapporti in seno alla società tunisina. Il tutto, bisogna sottolinearlo, in un periodo elettorale in cui molti imam non in linea con le direttive del governo, hanno fatto campagna a favore di chi, sino a ieri, magari da presidente della repubblica ad interim, non s'è opposto alla conquista delle moschee. (ANSAmed).

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