(di Diego Minuti)
(ANSAmed) - ROMA, 20 LUG - Il primo ministro tunisino, Mehdi
Jomaa, ha deciso la chiusura di tutti i media e le moschee
considerati vicini all'estremismo islamico, e più in particolare
alle correnti salafita e takfirista (una delle fazioni piu'
estremistiche dell'Islam) cui si rifarebbero i movimenti
integralisti armati responsabili, tra l'altro, della recente
strage di soldati (14 militari massacrati mercoledì scorso
nell'area del monte Chaambi). Un attacco attribuito alla brigata
Okba Ibn Nafaa, legata ad Al Qaida nel Maghreb islamico e che
prende il nome da una delle più importanti moschee di Kairouan,
città roccaforte dei salafiti tunisini.
La decisione del premier tocca anche alcune moschee dove sono
stati celebrati i riti funebri per alcuni dei militari
massacrati, poiché i luoghi di preghiera non erano più sotto il
controllo del Ministero degli Affari religiosi che in Tunisia
presiede ad ogni attività di culto, fra l'altro nominando o
revocando gli imam.
Dalla caduta del regime di Zine El Abidine Ben Ali, molte
moschee sono progressivamente cadute nelle mani di imam
integralisti che hanno spesso usato i loro sermoni, soprattutto
in occasione della preghiera del venerdì, per dare corpo alle
tesi di chi - salafiti in prima battuta - si propongono di fare
della Tunisia un califfato o, come ipotesi subordinata, uno
Stato islamico, sovvertendo quanto stabilito dalla Costituzione
(approvata dopo la fine del protettorato francese) e confermato
dall'Assemblea costituente, che ha sancito la laicità dello
Stato, pur mantenendo l'islam come religione ufficiale.
Jomaa, sotto la spinta delle molte manifestazioni popolari di
protesta di questi giorni contro la strage dei soldati e a
sostegno dello Stato nella lotta al terrorismo islamico, ha
deciso anche di infliggere un duro colpo alla galassia di mezzi
di informazione (tv, radio, social network) che hanno
contribuito al diffondersi delle tesi più integraliste
dell'Islam, con trasmissioni dai contenuti violentissimi e,
quasi sempre, contro il governo.
Soprattutto le radio islamiste (alcune delle quali prive di
qualsiasi autorizzazione a trasmettere e che sino ad oggi erano
state tollerate) sono state sospettate non solo di avere fatto
da cassa di risonanza alle tesi salafite e takfiriste, quanto
d'essere diventate un prezioso strumento per lo scambio di
informazioni su temi sensibili (come gli spostamenti di unità di
polizia e dell'esercito) quali la lotta alle cellule jihadiste.
L'annuncio del primo ministro è giunto nelle ore in cui, in
una grande retata, sono state arrestate alcune decine di
sospetti terroristi e fiancheggiatori e Tunisia ed Algeria hanno
convenuto di dispiegare complessivamente 14 mila militari nelle
cinque regioni frontaliere tra i due Paesi per bloccare gli
sconfinamenti di bande armate. (ANSAmed).
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Tunisia: dopo strage soldati, giro di vite contro islamisti
Chiusi media e moschee vicine ad integralisti