Rubriche

Yemen: Premio Nobel Karman, donne possono salvare Paese

Dialogo nazionale ha affermato loro diritti, ora diventino legge

Redazione Ansa

(di Luciana Borsatti) (ANSAmed)- ROMA, 19 GIU - "I diritti delle donne" e "la volontà di cambiamento" emersi con le rivolte del 2011 si sono ora tradotti nei risultati di un anno di lavoro della Conferenza per il Dialogo Nazionale. E ora "è tempo che questo si concretizzi nella costituzione e nelle leggi". A parlare è Tawakkol Karman, la giovane attivista yemenita insignita del Premio Nobel 2011 con altre due donne liberiane, e ospite di un seminario a Roma sulla cooperazione tra Italia e Yemen per i diritti umani nella nuova Costituzione, in via di elaborazione.

L'incontro - promosso dalla società Minerva e da Law International con il sostegno del Ministero degli Affari esteri - ha fatto il punto su un progetto di collaborazione tra Italia e Yemen che ha già visto una delegazione di accademici, giuristi e rappresentanti delle istituzioni e della società civile recarsi a Sanaa nell'aprile scorso. Ma ha soprattutto messo in luce la vitalità del dibattito politico e costituzionale in un Paese che spesso emerge alle cronache soltanto per le violenze e gli attacchi terroristici che ancora lo accompagnano. Un dibattito che ha incluso tutte le componenti politiche e sociali della società yemenita, e conclusosi nel gennaio 2014 con un documento finale per un "moderno stato civile e federale", in cui i mali del passato (dagli abusi del potere alla corruzione) siano soppiantati dai principi dello stato di diritto, della giustizia sociale, dei diritti umani e dello sviluppo sostenibile.

"I giovani e le giovani donne della rivoluzione hanno pagato con il loro sangue questo risultato - ha detto Tawakkol Karman, un bel foulard colorato ad incorniciarne il volto - ma ora si apre il duplice fronte di includerlo nella nuova Costituzione e nella concretezza delle leggi". E per ottenere questo, ha aggiunto, dobbiamo vincere la battaglia contro "le fatwe di quegli uomini di religione secondo i quali tutto questo è sbagliato". Se infatti i diritti affermati nel dialogo nazionale non si tradurranno in legge, infatti, "torneremo indietro". Tanti i diritti affermati per le donne dalla Conferenza, fra cui anche quello di vedersi assegnata "una quota del 30% in tutte le istituzioni", ha sottolineato, "la lotta contro la violenza e lo sfruttamento sessuale", il diritto ad entrare anche nell'esercito e nei servizi di intelligence". Anche perché la donna, ha sottolineato, "è meno disposta degli uomini alla corruzione", e ha saputo "essere leader, e in prima linea, nella rivoluzione" contro l'allora presidente Saleh. Un ruolo assunto da lei stessa nel 2011, quando era alla guida del gruppo delle 'Donne giornaliste senza catene', e aveva pagato anche con il carcere il suo attivismo politico. Di lei si ricorda anche la scelta di togliersi il velo integrale che è ancora la regola per molte, in un Paese dove l'arretratezza e il potere maschile sono un destino da cui è difficile affrancarsi, soprattutto nel campagne.

''Le donne hanno sempre affrontato i pericoli nelle catastrofi naturali, nelle rivoluzioni, in ogni tipo di difficoltà - ha sottolineato - ma poi l'uomo ha sempre preso in mano le redini e ripreso il sopravvento". Perché nella società yemenita "vi sono tradizioni logore e sbagliate che rappresentano un ostacolo per la donna", come lo è il predominio maschile.

"Ma noi abbiamo deciso di porre fine a tutto questo, e i gruppi che hanno lavorato per il dialogo nazionale hanno fatto un lavoro eccellente". E grazie anche alla collaborazione dell'Italia, ha sottolineato. E ora c'è bisogno, ha concluso, "di donne capaci di salvare lo Yemen". (ANSAmed).

Leggi l'articolo completo su ANSA.it