(di Luciana Borsatti)
(ANSAmed) - ROMA, 21 APR - "Perché chi rischia di morire per
fame non merita lo stesso trattamento di chi rischia di morire a
seguito di bombardamenti?". A chiederselo è Umberto Curi,
docente emerito di Storia della filosofia all'Università di
Padova, introducendo la raccolta di saggi "Vergogna ed
esclusione. L'Europa di fronte alla sfida dell'emigrazione"
(Castelvecchi, pp. 192, euro 17,59).
Quasi una domanda retorica la sua, alla luce del buon senso e
di un codice etico elementare, ma che assume un significato
particolare di fronte alla distinzione "migranti economici" e
"richiedenti asilo" dominante nel dibattito italiano ed europeo
sull'immigrazione. Ormai una "verità apodittica" quel binomio,
osserva, che 'salva' chi giunge in Europa se fugge da guerre e
conflitti dandogli il titolo per chiedere protezione, ma
condanna al rimpatrio forzato chiunque altro, in quanto
considerato migrante 'irregolare' se non 'clandestino'.
E' una distinzione netta, quella tra migranti 'forzati'
alla fuga e migranti 'economici' e dunque 'volontari', e che,
scrive il curatore, "contraddice palesemente" anche "la Carta di
Milano firmata dai Grandi della Terra e dai visitatori dell'Expo
2015 e presentata come documento di impegno collettivo sul
diritto al cibo", "eredità immateriale" dell'Expo. Ed è anche
smentita dai fatti, cioè dalla "combinazione di fattori diversi"
che spinge ogni migrante a partire per un futuro migliore.
Al tempo stesso, nemmeno la concessione dell'asilo è certa per
chi ne abbia i requisiti, visto che i criteri variano da Stato a
Stato: tanto che nel 2007 per esempio - esemplifica - lo status
di rifugiato è stato ottenuto dall'82% dei richiedenti iracheni
in Svezia e da nessun iracheno che lo chiedeva in Grecia.
A dispetto della sua "presunta oggettività", infine, il
binomio richiedenti asilo-migranti economici serve in realtà a
"distinguere i 'buoni' dai 'cattivi', ossia chi si è deciso di
accogliere e chi no: "stratagemma inventato per lasciare mano
libera ai governi degli stati europei", che possono così
"trincerarsi dietro l'apparente neutralità di un criterio
obiettivo". Il quale invece, sottolinea Curi, getta sul migrante
'economico' "lo stigma di essere considerato un abusivo e dunque
un clandestino, poi un criminale e infine un terrorista".
Quando invece nulla giustificherebbe dal lavarsi le mani da
"verità rimosse" relative all'ineguale distribuzione delle
ricchezze a livello globale: ad esempio, "un bambino americano
consuma l'equivalente di ciò che consumano 422 coetanei etiopi",
mentre "1/5 della popolazione mondiale dispone di 4/5 delle
risorse".
Da qui il vero pericolo segnalato, oltre alle guerre ed al
terrorismo quali conseguenze indirette del "fallimento" dei
programmi Onu per i Millennium Developments Goals fissati nel
2000: "se quel fiume di persone bisognose di tutto - avverte -
sulla spinta della disperazione, dovesse trovare soltanto i muri
e le recinzioni di filo spinato anziché organiche e lungimiranti
politiche dell'accoglienza, potrebbe trasformarsi presto o tardi
in qualcosa che somiglia ad un esercito disposto ad esigere con
la forza ciò che gli è stato negato alle implorazioni di aiuto".
Questo per l'"esclusione" nel titolo, e la "vergogna"?
A rispondere è Luciano Manicardi, della comunità monastica di
Bose. Il suo "sottile e brutale meccanismo", scrive, "fa spesso
sì che chi, di fronte a poveri, mendicanti e rifugiati, dovrebbe
vergognarsi per la loro umanità offesa e conculcata (...) si
sottragga alla vergogna trasferendola sulle vittime".
Autori degli altri saggi Stefano Allievi (sui temi sempre
aperti di quando i migranti eravamo noi e sull'islam italiano),
Emiliana Baldoni, Gianpiero Dalla Zuanna, Mirko Sossai, Carlo De
Chiara, Giovanni Palombarini. Gianpaolo Scarante e Renato Rizzo.
(ANSAmed).
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Libri: profugo o migrante economico,l'artificio delle parole
Curi, 'stratagemma inventato per lasciare mano libera a governi'