(di Cristiana Missori)
(ANSAmed) - ROMA, 13 FEB - ''L'ascensore era spesso in panne
ma i chiacchiericci trovavano sempre il modo di gironzolare da
un piano all'altro. Di me dicevano che ero una sfrontata, di mia
sorella che era una ragazza per bene e di mia madre che lasciava
troppo grasso nel tajine di montone. Mio padre, tutto sommato,
lo risparmiavano, anche se era l'unico di tutto il palazzo a non
essere ancora hajj, il che lo tormentava. Perché i miei genitori
avevano un'unica ossessione: fare il pellegrinaggio alla
Mecca''. Il palazzo è quello di una banlieue parigina, il
racconto, è quello di Fairouz, figlia di immigrati marocchini in
Francia, che combatte ostinatamente contro se stessa per
emanciparsi dalle sue origini.
Insieme a una delle sue sorelle minori, Kalsoum, decide di
raggranellare la somma necessaria per regalare ai suoi genitori
devoti il sogno di una vita: il hajj. A narrare la sua storia, è
Saphia Azzeddine - giovane autrice franco-marocchina - che in La
Mecca-Phuket (in uscita a fine febbraio nelle librerie per la
collana Altriarabi Migrante de Il Sirente, pp. 130 Euro 15),
compie un affresco molto ironico, a tratti irriverente e
divertente, di quel che accade nell'edificio in cui vive la sua
protagonista.
Stretta fra la voglia di vivere laicamente le sue origini
arabo-musulmane: ''ero quello che si chiama comunemente una
musulmana laica, che non rompe le palle a nessuno'', annuncia
Fairouz in una delle prime pagine del libro. ''Ci tengo a
precisarlo, perché visti da lontano si ha l'impressione che oggi
i musulmani rompano le palle, sempre, continuamente e a tutti
quanti. Quando non bruciano le macchine, bruciano le donne,
quando non sono le donne, sono le sinagoghe e quando non sono le
sinagoghe, se la prendono con le chiese, i musei e i neonati. Ma
Dio è misericordioso, la Francia molto clemente e il musulmano
abbastanza filosofo, in fin dei conti''.
Altrettanto lucida quando descrive i difetti della sua
comunità di origine: ''Sembra che. Ho sentito dire che. Poi la
gente dirà che. Ecco più o meno quello che rovina le società
arabo-musulmane in generale e il mio palazzo in particolare.
Abitavo in un casermone in cui i pettegolezzi facevano da
fondamenta e il cemento da cervello (...). La megera del nono
aveva riferito a mia madre (per il suo bene) quel che si diceva
nelle alte sfere del palazzo. Una macchina nuova era proprio
necessaria prima di adempiere a un dovere islamico? Quelle
maldicenze tormentavano i miei poveri genitori che fingevano di
fregarsene''.
Saphia Azzeddine, nata ad Agadir nel 1979, ha all'attivo sei
romanzi. Da quello di esordio, Confidences à Allah (2008) sono
stati tratti una pièce teatrale e un fumetto. (ANSAmed).
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Libri:la G2 delle banlieue in 'La Mecca-Phuket' di Azzeddine
Giovane franco-marocchina ritrae suo ambiente con lucida ironia