(di Elisa Pinna).
(ANSAmed) - ROMA, 5 DIC - Esiste una pagina opaca e mai
realmente documentata nella storia del dopoguerra italiano. E'
il decennio, a cavallo tra gli anni settanta e ottanta, di una
guerra combattuta in Italia da terroristi e servizi segreti
mediorientali a colpi di attentati e omicidi mirati. Per la
prima volta lo scrittore e giornalista Salvatore Lordi riporta
alla luce quegli anni di fuoco nel libro 'Terra di Nessuno',
edito da 'Historica', in uscita in questi giorni nelle librerie.
Mentre le autorità italiane erano concentrate nella lotta al
terrorismo interno delle Brigate Rosse, nelle strade italiane, e
a Roma in particolare, si combattevano palestinesi delle
fazioni dissidenti di Abu Nidal e agenti del Mossad israeliano,
indipendentisti armeni anti-turchi, contrapposte milizie
libanesi, sicari libici, siriani e iracheni, usando il suolo
italiano come in terreno senza controllo, su cui proseguire le
battaglie che infiammavano i diversi paesi del bacino
mediterraneo. Nella ricostruzione rigorosa di Lordi, si
ricompone così una quadro impressionante di attentati e omicidi,
di cui spesso non si è trovato nessun colpevole o i presunti
responsabili sono tornati presto in libertà.
"Interessi economici e commerciali paralleli consigliavano di
chiudere gli occhi di fronte a crimini anche atroci che non ci
toccavano direttamente", spiega il giudice Ferdinando
Imposimato nella prefazione.
In realtà, si evince dal libro di Lordi, il terrorismo
nostrano ha finito per collegarsi con quello internazionale,
come dimostrano il patto di collaborazione per un comune
addestramento e per importare dal Libano armi ed esplosivi in
Italia siglato dalle Brigate Rosse di Mario Moretti e
rappresentanti dell'Olp a Parigi nel 1978, o i generosi
finanziamenti elargiti da Gheddafi a tutti i gruppi eversivi
europei.
Il capitolo Libia è particolarmente inquietante. I sicari di
Gheddafi eliminarono con meticolosità e precisione i dissidenti
libici rifugiati in Italia. La lista dei loro nomi e indirizzi
era stata chiesta ai servizi segreti italiani dal rais di
Tripoli in cambio della liberazione di un gruppo di pescatori
siciliani sequestrati in acque libiche nel 1979.
Oltre che sulla strage di Ustica (un mig libico venne ritrovato
sui monti della Sila il 22 luglio 1980, 22 giorni dopo
l'abbattimento del DC9 Itavia) l'ombra del Colonnello si allunga
anche sulla strage di Bologna. Lordi non punta il dito contro
nessuno. Si limita a ricostruire i fatti e il contesto. Nella
primavera del 1980, l'Italia cominciò a negoziare un trattato
che garantisse la neutralità di Malta e la possibilità di
ricerche petrolifere per l'Eni nel mare circostante. Gheddafi
s'infuriò vedendosi sottrarre il controllo su un isola che la
Libia considerava strategica. Inviò a Roma una delegazione
diplomatica che invitò l'Italia "a ripensarci". Il governo
italiano decise di procedere e la firma del trattato fu messa
in calendario il primo agosto 1980 alla Valletta. Mentre il
sottosegretario agli Esteri, Giuseppe Zamberletti stava
apponendo la sua sigla all'accordo, alle 10:25, alla stazione di
Bologna una bomba esplose provocando la morte di 85 persone e il
ferimento di altre 200. Il presidente del consiglio Francesco
Cossiga parlò subito di responsabilità del terrorismo fascista
ma, in un'interrogazione parlamentare, Giovanni Spadolini chiese
se dietro all'attentato non ci fosse una pista mediorientale.
(ANSAmed).
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Terra di nessuno, il terrorismo mediorientale in Italia
Libro riporta alla luce decennio opaco del dopoguerra