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Il 4/5 ai Musei Vaticani il Progetto Sekhmet

Quella della dea-leonessa egizia la più grande produzione scultorea a soggetto unico nella storia

Una delle statue della dea Sekhmet esposte al Museo Egizio di Torino

Redazione Ansa

CITTÀ DEL VATICANO - "Si tratta indiscutibilmente della più grande produzione scultorea seriale a soggetto unico nella storia dell'umanità". Solo questo dato basta a determinare l'interesse della conferenza dedicata al Progetto Sekhmet e ad Archeologia sul campo in Egitto e innovazione tecnologica, in programma domani pomeriggio, 4 maggio, alle 16.00 nei Musei Vaticani, nell'ambito del ciclo dei Giovedì dei Musei.

Il Progetto Sekhmet ha preso avvio nel 2017 per studiare le statue della dea Sekhmet conservate nei Musei Vaticani. Undici sculture di leonessa in granodiorite, la cui esatta provenienza non è stata ancora accertata, entrarono in Vaticano nella prima metà del XIX secolo come acquisto della collezione Cavazzi-Guidi. La prima fase del progetto ha eseguito il restauro delle undici statue conservate nel Museo Gregoriano Egizio. L'intervento conservativo - eseguito dalla ditta Decesaris sotto la supervisione del Laboratorio di Restauro Materiali Lapidei dei Musei Vaticani e il Laboratorio di Diagnostica per la Conservazione e il Restauro, con il sostegno dei Patrons of the Arts in the Vatican Museums (Capitolo del Canada) - ha permesso di ottenere importanti risultati scientifici che sono stati successivamente sviluppati congiuntamente con il Museo Egizio di Torino, custode a sua volta di ventitré esemplari di statue della dea Sekhmet. Le indagini scientifiche hanno confermato ed evidenziato tracce inequivocabili di cromia, ribaltando completamente la percezione di queste statue all'interno della "grammatica templare".

Il progetto collabora con Colossi of Memnon and Amenhotep III Temple Conservation Project, diretto da Houring Sourouzian, che lavora da 25 anni presso il tempio funerario di Amenhotep III a Tebe Ovest (Luxor), il più grande e straordinario mai rinvenuto in Egitto, eretto tra il 1390 e il 1353 a.C. e distrutto circa 150 anni dopo da un terribile terremoto. Proprio da questo sito provengono centinaia di statue della dea Sekhmet (circa 300 al 2022), oggi conservate nei magazzini dell'area. Il fine ultimo di questo grandioso progetto di scavo e conservativo è anche quello di ricollocare in situ le statue rinvenute. Altre circa 250 statue provengono dal tempio della dea Mut a Karnak, sulla riva orientale di Luxor, e circa 300 sono oggi sparse anche in numerosi musei del mondo. Di questa produzione, che ha comportato un'organizzazione centralizzata straordinaria e un enorme dispendio di mezzi e di uomini non si conosce molto: in quanto tempo siano state costruite, quali e quante persone vi abbiano lavorato, l'organizzazione del lavoro, il luogo dove venivano scolpite, e, non in ultimo, la disposizione originaria all'interno del tempio di Amenhotep III.

Nell'incontro di domani, ai saluti istituzionali del direttore dei Musei Vaticani Barbara Jatta, seguirà l'intervento della Responsabile del progetto Alessia Amenta, che lascerà poi la parola al restauratore Emiliano Ricchi per gli aspetti tecnici legati alla realizzazione di questo imponente gruppo scultoreo, mentre l'ingegnere informatico Stefano Mastrostefano interverrà in merito all'impiego dell'Intelligenza Artificiale nel processamento del grande volume di dati raccolti per ogni singola statua. "La conferenza - spiega una nota - costituirà un'occasione preziosa per introdurre il pubblico non specialista alla complessità, alla peculiarità e ai risultati fin qui ottenuti dal lavoro di ricerca e studio di questo grandioso progetto archeologico che ha messo in gioco anche una interessante componente tecnologica".

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