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Eroine della lotta a siccità e discriminazione si raccontano

In Mediterraneo e Nord Africa, premiate a Marsiglia

Redazione Ansa

NAPOLI - "Sono cresciuta in un piccolo villaggio della Palestina, in una società che ci imponeva regole su come una donna deve vivere. Ora sono una ricercatrice nel settore delle risorse idriche e il mio obiettivo è di essere riconosciuta a livello internazionale e continuare a imparare da nuove esperienze in giro per il mondo. In questo modo si possono rompere gli stereotipi su quello che le donne palestinesi delle aree rurali sono capaci di raggiungere". Così si racconta la palestinese Rinad Hamed, una delle cinque donne dell'area Nord Africa e Medio Oriente che sono state nominate "WaterHeroes" dal CMI (Center for Mediterranean Integration) di Marsiglia, che ha lanciato un concorso tra le donne che più si stanno impegnando nella ricerca di soluzioni ai problemi idrici dei loro Paesi d'origine.

Il progetto sulle "Waterheroes" è cominciato nel 2018, durante il workshop sull'acqua dedicato ai giovani, intitolato "Soluzioni naturali per un'acqua sicura nel Mediterraneo". E' proseguito nelle scorse settimane con il workshop 2019 sul tema "Acqua e migrazioni" al termine del quale le giovani ricercatrici e studiose hanno raccontato le loro storie.

"A lungo - spiegano i rappresentanti dell'istituto francese - le donne hanno rappresentato il simbolo della resilienza. Questo vale anche per il settore dell'acqua. In Medio Oriente e in Nord Africa, le regioni del mondo con un maggiore stress idrico, le donne stanno facendo la loro parte per proteggere le risorse idriche e combattere la siccità".

A partecipare alle riflessioni sono stati i giovani del Mediterranean Youth for water (MedYWat), una comunità, creata nel 2017 e gestita dal CMI, di giovani ricercatori e professionisti con esperienza professionale nelle risorse idriche nel Mediterraneo.

Dal lavoro sulle donne protagoniste in questo settore è emerso come l'impegno professionale vada di pari passo con l'emancipazione da una condizione femminile spesso ancora difficile. "E' bellissimo - racconta un'altra delle Waterheroes, la portoghese Rita Amaral - vedere tante donne nel mio Paese che scelgono di lavorare nel settore idrico per contribuire a risolvere il problema della scarsità d'acqua nel Mediterraneo.

Il prossimo passo è ora di occupare dei posti di leadership che sono stati a lungo dominati dagli uomini". "L'errore più comune sulle donne - aggiunge Zeineb Ettih, capo del dipartimento delle migrazioni all'Istituto Tunisino per gli studi su pace e conflitti - è che non siamo capaci di dedicarci al lavoro quanto i colleghi maschi, perché i nostri impegni con la famiglia ci impediscono di essere efficienti.

Come madre che lavora sono riuscita a eccellere nel mio posto di lavoro ed essere presente per la famiglia. Una sfida che gli uomini non devono affrontare".

Le altre 'waterheroes" sono la tunisina Ines Gasmi, ricercatrice universitaria in agronomia e coordinatrrice del gruppo MedYWat, e la marocchina Fatine Ezbakhe, ingegnere civile specializzata in risorse idriche.

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