(ANSAmed) - TUNISI, 22 GEN - La Tunisia ha l'ambizione di
arrivare a soddisfare il 30 per cento della sua spesa energetica
grazie alle rinnovabili e di ridurre della metà il costo
dell'elettricità entro il 2030, ma come farlo rimane un problema
di non facile risoluzione. Il modello di produzione e di
consumazione in Tunisia, secondo la Banca Centrale tunisina,
rimane infatti ancora prigioniero delle energie fossili ed è
anche la causa principale dell'aumento del deficit corrente
della bilancia energetica. Il gas naturale attualmente
rappresenta oltre il 50% del mix energetico di cui fa uso il
Paese per soddisfare i suoi bisogni energetici, sia per la
facile accessibilità alla risorsa (via Algeria) che per la sua
convenienza nel produrre elettricità, ma da tempo tutte le
opzioni alternative, (acquisto di carbone, rinnovabili, shale
gas) sono al vaglio. Aumentare la porzione di rinnovabili come
l'eolico ed il solare presenta tuttavia ancora notevoli problemi
di natura tecnica ed altri legati all'intermittenza delle fonti.
Di qui la sempre piu' forte richiesta degli esperti del settore
di usare lo shale gas che, secondo uno studio della Energy
Information Administration americana, dovrebbe trovarsi nel
bacino di Ghadames in quantità stimabili in circa 650 miliardi
di metri cubi. Ma la sua estrazione tramite fracking è anche
causa di polemiche e critiche da parte degli ambientalisti che
si oppongono all'eventualità di apertura dei pozzi di
eplorazione. Il ministro dell'Industria tunisino Kamel Ben
Naceur a La Presse ha dichiarato che è necessario aprire un
dibattito serio e responsabile sullo sfruttamento di risorse non
convenzionali, come lo shale gas estratto tramite la tecnica del
fracking, perché tutti i dati finora apportati come argomento
contrario sono stati raccolti tramite ricerche su internet e che
è sua intenzione raggruppare un gruppo di esperti al ministero
per avviare un dibattito lontano da posizioni di parte. Una
volta escluso il ricorso al nucleare e considerato il momento di
criticità vissuto dalla situazione delle concessioni di
esplorazione e sfruttamento dei pozzi petroliferi nel paese, il
ministro ritiene un opzione percorribile quella dello
sfruttamento dello shale gas, considerato che la tecnica del
fracking viene usata dagli anni 40, anche se per altri fini
specifici, e che il problema piuttosto nasce dalla confusione
che viene fatta sulla natura degli additivi usati per
l'operazione. Il ministro conclude che, a suo parere, il ribasso
del prezzo petrolio non durerà molto nel tempo per cui la
Tunisia dovrà necessariamente riflettere sulla strategia
energetica da adottare in futuro, e parlando della situazione
generale delle risorse del paese, auspica fortemente un ritorno
alla produzione di fosfati nel sud del paese, troppo spesso
condizionata nel post rivoluzione da scioperi, rivendicazioni
sociali e salariali, che ne hanno dimezzato la produzione
rispetto al 2010. Nel 2014 sit-in e scioperi nei luoghi di
estrazione dei fosfati hanno causato una perdita del PIL pari
allo 0.7%. Ancora ieri alcune compagnie di fosfati a Gafsa e
Gabes sono state costrette a fermare la loro produzione per i
motivi sopracitati. Il ministro ha affermato che era intenzione
del governo riportare il livello di produzione di fosfati a 6
milioni di tonnellate nel 2015, ma la cifra va vista al ribasso
proprio a causa di queste agitazioni. (ANSAmed)
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Tunisia punta su "shale gas" per risparmiare su bolletta
Ministro Industria sollecita dibattito serio sul fracking