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Immigrati: uno su dieci è imprenditore, lo dicono dati Idos

Farnesina: Cooperazione in Mediterraneo? Investimento strategico

Redazione Ansa

(ANSAmed) ROMA, 26 FEB - "Gli immigrati regolari in Italia sono circa 5 milioni: di questi, 500mila sono imprenditori. E il 10% delle loro imprese è di media grandezza". I dati esposti da Ugo Melchionda, dell'Idos, centro studi che ogni anno stila un dettagliato rapporto sull'immigrazione, tratteggiano un quadro degli immigrati in Italia diverso dalle rappresentazioni più comuni. Nel corso della conferenza 'Un nuovo piano Marshall Usa-Ue per il Mediterraneo e il Medio Oriente: sviluppo economico e politiche di cooperazione' che si è aperta oggi a Roma, presso il ministero degli Esteri, Melchionda ha sottolineato il ruolo dell'imprenditoria come strumento di inclusione sociale, ma anche, potenzialmente, di internazionalizzazione delle imprese italiane. Dagli studi Idos emerge che quattro sono le comunità straniere con maggiore vocazione imprenditoriale: "albanesi, marocchini, tunisini ed egiziani"; ciascun gruppo è definito dalle proprie peculiarità.

"Gli imprenditori albanesi sono circa 30mila, per lo più lavorano tra Italia e Albania, con una forte tendenza a importare in Albania prodotti italiani. Del resto, non dobbiamo dimenticare che l'Italia è il partner commerciale numero uno dell'Albania". "I marocchini - ha continuato Melchionda - sono 60mila tra imprenditori e lavoratori autonomi, su una comunità che conta mezzo milione di persone. Si registra una tendenza a importare in Marocco prodotti italiani di seconda scelta o seconda mano". E ancora, gli imprenditori e autonomi tunisini, che sono 14-15mila, e gli egiziani, di cui se ne contano altrettanti. A questi si aggiungono le altre centinaia di migliaia di diversa provenienza nazionale, per esempio Cina e Nigeria. "Un piano Marshall che voglia favorire l'inclusione degli immigrati, lo sviluppo di attività nei Paesi di origine (anche attraverso le rimesse, che in certi casi ammontano a quote rilevanti dei Pil nazionali) e l'internazionalizzazione delle imprese italiane deve puntare su queste reti. Sarebbe la quadratura del cerchio".

E se in Italia una buona percentuale di chi proviene dalla 'riva sud' del Mediterraneo sembra riuscire a realizzare la propria vocazione a fare impresa, in Nord Africa e Medio Oriente lo sviluppo di un saldo tessuto imprenditoriale è uno degli obiettivi principali della cooperazione italiana, come ha sottolineato, durante lo stesso incontro, il vice direttore generale della Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo della Farnesina, Fabio Cassese. "La coperazione italiana ha scelto di concentrarsi su pochi Paesi - Tunisia, Egitto, Libano e territori palestinesi - e su alcuni ambiti precisi: sviluppo economico, Pmi, sviluppo dell'agricoltura, supporto sanitario, valorizzazione del patrimonio culturale e governance". Dopo le primavere arabe, ha aggiunto il ministro, "l'approccio alla cooperazione è cambiato. Oggi i nostri obiettivi principali sono tre: accompagnare la transizione democratica, favorire la nascita di un tessuto imprenditoriale solido e sostenere le fasce più deboli della popolazione (aiuti sanitari e istruzione). Il Mediterraneo è qualcosa in cui tutto si tiene: per questo riteniano la cooperazione allo sviluppo nella regione un investimento strategico diretto". (ANSAmed) Leggi l'articolo completo su ANSA.it