(di Diego Minuti)
(ANSAmed) - ROMA, 27 GEN - Il caos in cui è piombata negli
ultimi anni la Libia oltre a creare preoccupazioni politiche
nella regione nel timore di un paventato effetto domino, ha
acuito il problema delle ricadute economiche del contrabbando di
petrolio che, in qualche modo tollerato all'epoca della
dittatura di Muammar Gheddafi, una volta caduto il regime del
rais ha raggiunto picchi non più sostenibili dai Paesi
confinanti.
La Libia è stata sempre una grande esportatrice di petrolio e
i flussi verso l'estero viaggiavano su due binari: quello
ufficiale, con le lucrose - per entrambe le parti - concessioni
alle 'Sette sorelle', le maggiori compagnie di estrazione e
raffinazione del greggio; quello parallelo, gestito da migliaia
di contrabbandieri che inondavano di carburante i mercati
tunisino, algerino ed egiziano, nella totale indifferenza delle
rispettive polizie.
Ora, però, il problema si è ingigantito perchè il denaro
derivato dal petrolio contrabbandato, nella Libia ingovernabile
di oggi, non entra più solo nella tasche di organizzazioni
criminali, ma anche nelle casse delle milizie armate che, a
colpi di cannone e kalashnikov, si stanno facendo una guerra
senza quartiere per conquistare o consolidare posizioni
strategiche.
Il petrolio di contrabbando arriva in Tunisia, Egitto ed
Algeria dalla terra o per mare, approfittando della porosità
delle frontiere ed alimentando un mercato parallelo che provoca
danni gravissimi agli introiti fiscali degli Stati, che prima,
in un certo senso, consideravano i venditori abusivi di
carburante, spuntati come funghi lungo i confini come un male
comunque accettabile. Ora però tale tolleranza non può più avere
ragione d'essere nella consapevoleza che gli introiti del
contrabbando di petrolio rafforzano gli arsenali (anche anche
gli arruolamenti) di gruppi che spesso hanno l'obiettivo di
destabilizzare anche altri Paesi che non siano la Libia.
Come dimostra la presenza, in Libia, di miliziani che fanno
riferimento ad al Qaida o all'Isis.
Ora Algeria, Egitto e Tunisia, nel corso di una recentissima
riunione alla quale hanno partecipato esperti della sicurezza di
tre Paesi, hanno deciso di rafforzare i controllo alle
rispettive frontiere con la Libia, con l'aumento delle pattuglie
a terra e dei guardiacoste, nel tentativo di stroncare o almeno
limitare il contrabbando. Certamente l'aspetto economico, in
questa intesa, ha una valenza importante, ma più ancora lo è
quello della sicurezza, in una regione in cui si registrano
troppi segnali di una pericolosa penetrazione da parte
dell'Islam estremista ed armato.
(ANSAmed).
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Libia: contrabbando petrolio problema per Paesi regione
Egitto, Tunisia ed Algeria siglano alleanza