(di Patrizio Nissirio)
(ANSAmed) - ATENE, 23 GEN - I numeri migliorano, anche se in
maniera fragile, ma la vita quotidiana no: dopo quattro anni di
sacrifici durissimi, con la disperazione e lo sconforto che
hanno travolto molti greci un tempo appartenenti alla classe
media, la crisi economica - che è diventata sociale,
psicologica, ed anche culturale secondo lo scrittore Petros
Markaris - il Paese torna al voto. Sperando in maniera sempre
meno convinta in un cambiamento.
La ripresa, almeno nei numeri dell'economia, sembrava
iniziata, ma il 26 novembre i tesi colloqui tra governo di Atene
e i creditori internazionali rappresentati nella troika (Ue, Fmi
e Bce) si sono interrotti, di fronte alla richiesta, da parte
della troika, di ulteriori tagli e sacrifici nel 2015 per
concludere il ciclo del cosiddetto memorandum, che ha fornito
alla Grecia 240 miliardi di euro in prestiti, ma a un prezzo
devastante.
Il governo conservatore di Antonis Samaras non ce la faceva
a dire di sì e ricevere gli ultimi 7 miliardi del pacchetto: già
autore di licenziamenti, congelamento e taglio di salari e
pensioni e tasse odiatissime, preferiva non suicidarsi
politicamente. Con la mancata elezione del Presidente della
Repubblica a dicembre, lo scioglimento del Parlamento, non c'è
stato neanche più bisogno di rispondere: il 25 gennaio si vota,
e tutti i sondaggi dicono che vincerà Syriza, che della fine del
memorandum e del taglio al debito greco ha fatto la sua
bandiera.
Secondo fonti vicine al negoziato, la troika si è irrigidita
proprio perché non pensava che Samaras sarebbe sopravvissuto al
voto presidenziale. Lui, il premier, non avendo portato a casa
un accordo per abbreviare - come promesso - di un anno i termini
del memorandum, si è infatti trovato senza possibilità di
convincere abbastanza deputati a votare il suo candidato,
l'economista Stavros Dimas.
Eppure nel 2014 la Grecia era tornata alla luce, dopo anni di
buio pesto. Era uscita dalla recessione nel secondo trimestre,
dopo sei anni. I suoi titoli erano tornati sui mercati; dopo
decenni aveva registrato un surplus nel bilancio primario, e il
turismo segnava cifre da record. Ma non per l'uomo della strada,
ancora schiacciato da una disoccupazione oltre il 25%, con i
salari minimi ormai da anni fissati a 450 euro lordi al mese.
Samaras, con un occhio ai sondaggi che dalle Europee in poi
vedevano Syriza volare alto, aveva annunciato a settembre la
fine anticipata del Memorandum. Ma le cose non sono andate come
aveva sperato. E a novembre, il deficit dello Stato è tornato a
salire.
Tutto ciò, con il carico rinnovato di incertezza e
pessimismo, pesa sulle urne. In molti, dicono le indagini
demoscopiche, votano per le speranze offerte da Syriza ed Alexis
Tsipras anche se non credono del tutto alle sue ricette. Ma il
senso di stanchezza e frustrazione verso la classe politica che
ha governato durante la crisi - e per molti ne è anche tra le
cause principali - prevale su tutto. Per molti, qualsiasi
strada, per quanto accidentata, è meglio della palude immobile
in cui la Grecia si trova da troppo tempo. (ANSAmed).
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Grecia: la crisi infinita che pesa sul voto
Ripresa incerta, e la vita dei greci resta molto difficile