(ANSAmed) - ANKARA, 16 LUG - Molti analisti di affari
mediorientali ritengono che la Turchia sia la via più affidabile
per Israele per esportare il suo gas naturale, tuttavia le
recenti operazioni condotte dallo Stato ebraico contro la
Striscia di Gaza hanno provocato un impatto negativo nel
riavvicinamento che era in atto tra i due Paesi dopo un lungo
periodo di gelo.
Con la violenza che è riesplosa con i palestinesi e le sempre
attuali problematiche in Medio Oriente come la guerra civile in
Siria e i nuovi scontri in Iraq, Tel Aviv è ora alla ricerca di
un partner stabile per le esportazioni di energia. L'enorme
giacimento 'Leviathan', con i suoi stimati 620 miliardi di metri
cubi di gas naturale, è stato una cruciale scoperta nella
regione. Tuttavia, nonostante le trattative in corso fra Israele
e Turchia per il risarcimento danni alle famiglie delle vittime
turche del blitz israeliano contro una flottiglia di aiuti
umanitari a Gaza nel 2010, la recente operazione contro Gaza ha
accresciuto gli ostacoli al miglioramento delle relazioni
bilaterali.
David Koranyi, direttore del Dinu Patriciu Eurasia Center -
che fa parte della 'think tank' del Consiglio Atlantico degli
Usa - parlando con l'agenzia turca Anadolu ha affermato che
tutte le opzioni di Israele per esportare il suo gas naturale ai
mercati esteri hanno uno o più grossi difetti, sia di carattere
politico che commerciale. "E' importante capire che nulla è
stato ancora deciso", ha detto Koranyi, secondo cui "l'unico
fatto che sembra abbastanza certo è che una certa quantità di
quel gas dovrà finire in Giordania, Paese che ha un disperato
bisogno di ridurre i costi proibitivi della propria bolletta
energetica".
La Noble e la Delek, le due aziende petrolifere che si sono
aggiudicate la licenza per lo sfruttamento del Leviathan, hanno
frattanto reso noto di aver firmato un accordo preliminare con
la compagnia petrolifera e del gas britannica BG per
l'esportazione di 7 miliardi di metri cubi di gas negli
stabilimenti della BG in Egitto per un periodo di 15 anni.
Nel commentare quest'intesa, Koranyi ha detto che, anche se
l'accordo tra Israele e BG a livello commerciale è senz'altro
importante, resta pur sempre "sperimentale".
Sottolineando che il percorso verso una tale intesa è irto di
sfide politiche, l'esperto ha aggiunto che qualsiasi nuovo
accordo per l'acquisto di gas israeliano rischia non solo di
scontrarsi con l'opposizione interna ma anche di sfidare i
problemi di sicurezza nella regione del Sinai, qualora venga
utilizzato l'attuale gasdotto Port Said-El-Arish.
Un'altra opzione per Israele, ha detto ancora l'esperto,
sarebbe la realizzazione di una pipeline che raggiunga la
Turchia attraversando la Zona economica esclusiva (ZEE) cipriota
o la stessa isola di Cipro. Questa soluzione, tuttavia, rimane
alquanto improbabile se prima non verrà risolta la quarantennale
"questione cipriota", ovvero la riunificazione di Cipro divisa
dal 1974 dopo un intervento militare di Ankara che ancora
mantiene sull'isola circa 40mila soldati. (ANSAmed).
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Energia:da raid Gaza nuovi ostacoli rapporti Turchia-Israele
Ma instabilità regione rende Ankara miglior partner export gas