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MedFilm Festival, esordio libanese in cerca di distribuzione

George Peter Barbari narra la perdita della verginità maschile

Redazione Ansa

(di Valentina Maresca)

ROMA - Due produttrici, un regista nato negli Stati Uniti (California) da padre libanese e madre argentina, sette giorni di riprese in Libano, 15.000 dollari di budget, che significa lavoro gratuito di tutte le persone coinvolte, una storia che parla di quattro giovani libanesi pronti a perdere la verginità in un bordello: si tratta di 'Death of Virgin, and the Sin of not Living', film d'esordio di George Peter Barbari, classe 1992, già approdato a Berlino e presente anche al MedFilm Festival, ma ancora in cerca di una distribuzione che lo porti nelle sale.
"Mi sento comunque fortunato, perché i miei film preferiti sono stati tutti a Berlino", ha detto ad ANSAmed il regista e sceneggiatore del lungometraggio. "Abbiamo mandato l'opera e siamo stati preselezionati fra tremila pellicole, quindi abbiamo aspettato l'esito della selezione vera e propria che ci è arrivato all'ultimo momento, una gioia incredibile". Il film è stato girato a Batroun, città del regista, e parte da elementi biografici di "una società oppressiva in cui il sesso è un tabù, specie tra adolescenti, e parlo di ragazzi. Tutti vanno dalle prostitute ma nessuno ne parla. Subito dopo ci si vanta, ma il giorno dopo è come se non fosse accaduto nulla".
Una realtà poco conosciuta a queste latitudini, in cui si pensa sempre alla differente condizione femminile e si immagina una disinvoltura sessuale maggiore da parte maschile. "I festival sono molto importanti per avere la visibilità necessaria ai finanziamenti. Le persone che hanno visto il film lo hanno amato, è un lungometraggio che ha ricevuto molta attenzione e noi siamo davvero grati per questo", ha aggiunto.
L'aspetto inedito della storia, però, che pur essendo ambientata in Libano non parla dei soliti temi, paradossalmente "è proprio il motivo per cui non riusciamo a trovare fondi, perché da certi Paesi ci si aspetta esattamente argomenti come bombe, rifugiati, guerra. Questo è frustrante, perché quanto si dice sul Libano è solo una piccola parte, peraltro enfatizzata, di quello che avviene nel Paese. I temi trattati esistono, certo, ma il Libano non si esaurisce con loro. Cosa ne è delle persone, delle loro lotte, delle loro insicurezze, delle loro paure, dei loro sentimenti in qualità di esseri umani? Io non sono un rifugiato politico, ma una persona che vuole provare a capire la vita di una nazione molto complicata come quella del Libano, e non voglio nascondere quello che sento".
Barbari è molto grato alle sue produttrici che hanno creduto nella sceneggiatura del "primo film che parla di sesso e gioventù in Libano. Senza di loro nulla di quello che è successo sarebbe stato possibile, sono due donne fantastiche e fortissime. Noi cerchiamo risorse perché crediamo nel film e pensiamo che possa aiutare altre persone, perché i fatti e i dialoghi sono tratti dalla quotidianità dei libanesi, dalle loro storie. D'altronde, cosa è più potente della realtà? Nessuno scrittore è più grande della vita". E allora l'auspicio è che il Medfilm Festival dia consistenza a questa vita, permettendo alla pellicola di trovare una distribuzione per approdare nelle sale e dare un'idea diversa del Libano, ridotto a stereotipo esclusivamente bellico come troppe altre nazioni.

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