(dell'inviata Silvia Lambertucci)
(ANSAmed) - ERCOLANO, 15 OTT - Lo scheletro parzialmente
mutilato di uomo che la valanga di fuoco e gas sputata dal
Vesuvio in eruzione ha fermato a un passo dal mare e dal
miraggio della salvezza. A 25 anni dagli ultimi scavi, arriva da
Ercolano, documentata in esclusiva dall'ANSA, una scoperta che
potrà portare nuova luce sugli ultimi momenti di vita della
cittadina seppellita come la vicina Pompei dall'eruzione del 79
d.C. "Un ritrovamento da cui ci aspettiamo moltissimo",
sottolinea appassionato il direttore Francesco Sirano, dal 2017
alla guida del Parco Archeologico patrimonio dell'Umanità.
Mentre il ministro della cultura Franceschini applaude e parla
di "scoperta sensazionale".
Il teatro è quello dell'antica spiaggia della cittadina, lo
stesso luogo dove nell'ultima sistematica campagna di scavi,
condotta negli anni '80 e '90 del Novecento, vennero riportati
alla luce, ammassati nei piccoli magazzini affacciati
sull'antico arenile, i resti di più di 300 fuggiaschi che
avevano cercato riparo nell'attesa di essere portati in salvo
dalla flotta di Plinio il Vecchio. I nuovi scavi, che hanno
impegnato per settimane gli archeologi del Parco, sono legati
all'allestimento di un percorso che consentirà ai visitatori di
raggiungere la monumentale Villa dei Papiri ripercorrendo quella
che nella città antica era la passeggiata sul lungomare e che
ancora oggi rimane l'unico fronte a mare completamente
conservato di una città romana.
I resti dell'uomo, un maschio di età matura che secondo i
primi esami antropologici dovrebbe avere avuto tra i 40 ed i 45
anni, sono stati trovati alla base dell'altissimo muro di pietra
lavica che oggi chiude l'antico fronte a mare. Era riverso con
la testa all'indietro in direzione del mare e circondato da
pesanti legni carbonizzati, persino la trave di un tetto che
potrebbe avergli sfondato la testa. Le ossa appaiono di un rosso
acceso, "è l'impronta lasciata dal sangue della vittima", dice
l'archeologo spiegando che si tratta di una conseguenza del
particolarissimo processo di combustione provocato a Ercolano
dalla corrente di magma, cenere e gas arrivata dal Vesuvio.
"Gli ultimi momenti qui furono istantanei, ma terribili -
sottolinea - Era l'una di notte, quando il flusso piroclastico
esploso dal vulcano raggiunse per la prima volta la cittadina
con una temperatura di 300-400 gradi, anzi, secondo alcuni studi
anche 500-700 gradi. Una nube bollente che correva verso il mare
ad una velocità di 100 chilometri all'ora ed era così densa da
non avere ossigeno". Un inferno in terra "che in pochi minuti
travolse e inghiottì la parte più alta della città, sradicando i
tetti e falcidiando uomini e animali con un calore tale da far
evaporare i corpi". Per l'uomo appena ritrovato una morte
atroce, che "deve aver visto in faccia", chissà, forse dopo
essersi voltato a cercare la ragione di quel fragore sordo che
sentiva alle sue spalle o per la luce che all'improvviso doveva
aver squarciato il buio della notte, fa notare l'archeologo, che
ora insieme agli esperti del suo team, tra i quali i
professionisti messi a disposizione dal Packard Humanities
Institute (che ha donato anche il progetto di sistemazione
dell'area) si interroga sull'identità di questa nuova vittima e
sul suo ruolo nelle ultime ore della città. Di certo non si
trovava al riparo con tutti gli altri che aspettavano accalcati
nei magazzini dei pescatori.
"Potrebbe trattarsi di un soccorritore, un compagno
dell'ufficiale di Plinio che negli anni '80 era stato trovato ad
una ventina di metri di distanza da questo punto, sempre sulla
spiaggia", ipotizza. Un militare, quindi, che magari stava
allestendo una lancia per portare in salvo in alto mare un primo
gruppo di persone. "Oppure uno dei fuggiaschi, che si era
allontanato dal gruppo per raggiungere il mare sperando di
riuscire a imbarcarsi su una delle lance di salvataggio, chissà
forse l'ultimo e più sfortunato di un gruppo che era riuscito a
prendere il largo", dice. Tante al momento le ipotesi possibili,
anche quella che il poveretto fosse di vedetta in attesa delle
navi di soccorso, visto che Plinio il Giovane (nipote del grande
ammiraglio e studioso che nell'eruzione del 79 d.C perse la
vita) racconta che le quadriremi armate dallo zio avevano dovuto
rinunciare all'ultimo all'approdo, fermate da un improvviso
peggiorare della situazione. Tant'è, proprio per capire qualcosa
di più, lo scheletro verrà ora rimosso con l'aiuto di speciali
lame di metallo insieme ad una porzione più grande della roccia
lavica nel quale è incastonato e lo scavo proseguirà in
laboratorio. I primi esami in situ, intanto, hanno rilevato le
tracce accanto allo scheletro di quelli che sembrano essere
tessuti e metalli.
"Potrebbe trattarsi di una borsa con gli attrezzi da lavoro,
ma anche di armi e monete", anticipa Sirano. La curiosità è
tanta, anche perché rispetto a 25 anni fa le tecniche e gli
strumenti di indagine si sono molto evoluti, "Oggi abbiamo la
possibilità di capire di più", spiega. Rimasto per secoli sotto
un muro di pietra alto più di 26 metri, anche il povero
fuggiasco potrebbe aggiungere nuovi particolari al racconto di
quella notte. (ANSAmed).
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Scoperta a Ercolano, ritrovato l'ultimo fuggiasco
Franceschini "sensazionale"