(ANSAmed) - TUNISI, 17 DIC - Il cous cous, piatto popolare
simbolo dell'intero Nord Africa, ma anche l'antichissima tecnica
di pesca detta Charfia, ancora praticata in un'isola della
Tunisia, sono stati iscritti nella lista del patrimonio
culturale immateriale dell'Unesco.
Il cous cous è stato presentato all'agenzia Onu su domanda
congiunta di Algeria, Marocco, Mauritania e Tunisia, ha
annunciato l'Unesco sul suo sito web. Fatto piuttosto raro nella
storia dei Paesi del Maghreb, Algeria, Marocco, Mauritania e
Tunisia hanno presentato insieme la candidatura intitolata
"Conoscenze, know-how e pratiche relative alla produzione e al
consumo di cous cous", senza dispute sulla la paternità di
questo piatto tradizionale a base di semola o di grano duro,
accompagnata da verdure, carne o pesce sapientemente speziati.
In questi quattro Paesi "donne e uomini, giovani e anziani,
sedentari e nomadi, del mondo rurale o urbano, nonché
dell'emigrazione, infatti si identificano" con questo piatto
simbolo del "vivere insieme", afferma il file di candidatura
all'Unesco. Gustato dalle sabbie del Sahel e del Sahara fino
alle coste dell'Atlantico e del Mediterraneo, l'origine del cous
cous si perde nella notte dei tempi, e la sua "dimensione
universale" è "notevole". Come è stato sottolineato al momento
della presentazione della domanda, nel marzo 2019, è la prima
volta che quattro Paesi del Maghreb uniscono le forze su un tema
comune. L'iniziativa ha fatto sperare che il piatto possa essere
l'inizio di un riavvicinamento politico.
Quanto all'eccezionale tecnica di pesca alla Charfia,
praticata sull'isola di Kerkennah in Tunisia, il dossier per
ottenere il riconoscimento è stato presentato all'Unesco su
iniziativa dell'Istituto Nazionale del Patrimonio tunisino (Inp)
e della Delegazione permanente della Tunisia, si legge su
Webport, porto digitale del Mediterraneo, ideato e curato dal
Ciheam Bari nell'ambito del progetto Nemo, avviato nel 2014 con
il sostegno dell'Agenzia Italiana per la Cooperazione allo
Sviluppo e in collaborazione con i Ministeri di Agricoltura e
Pesca di Libano, Egitto, Tunisia, Algeria, Marocco.
La Charfia è un'antichissima tecnica di pesca, il cui uso
risale addirittura all'era fenicia. Il nome, apparso nei
documenti ufficiali solo intorno al XXVII secolo, ed esattamente
nel 1670, deriva dal termine arabo charaf (nobiltà) ed è legato
al nome della famiglia Charfi (i fratelli Ahmed e Ali Charfi),
proveniente da Sfax, che deteneva il monopolio per lo
sfruttamento del demanio marittimo. Nel 1772, il Bey di Tunisi,
Ali Pasha Bin Hussein Bin Ali tolse tale diritto alla famiglia
Charfi, per assegnarlo ai soli abitanti di Kerkennah. La charfia
è un labirinto realizzato piantando nel fondale un gran numero
di foglie di palma che creano dei corridoi attraverso i quali,
grazie alle correnti, i pesci arrivano nelle camere di cattura.
Qui, i pesci trovano le nasse deposte dai pescatori in cui
rimangono definitivamente intrappolati. Le conoscenze relative a
questa singolare tecnica di pesca vengono trasmesse di padre in
figlio. (ANSAmed).
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Cous cous Maghreb e antica tecnica pesca patrimonio Unesco
Tecnica di pesca detta Charfia ancora praticata in Tunisia