Rubriche

Mostre: Raffaello, da Urbino verso la modernità

Il pittore nel confronto con artisti del suo tempo

Redazione Ansa

(di Marzia Apice)

URBINO - Un lungo, affascinante viaggio da Urbino verso la modernità, per conoscere le conquiste e le intuizioni di un genio della pittura mondiale: si è aperto oggi la grande mostra 'Raffaello e gli amici di Urbino', in programma nelle sale della Galleria Nazionale delle Marche - Palazzo Ducale fino al 19 gennaio. Frutto di una approfondita campagna di studi scientifici, la rassegna accompagna il visitatore nella scoperta delle tappe principali della vita e della carriera di Raffaello Sanzio, alla luce delle relazioni che egli ebbe con artisti attivi a Urbino, in particolare i concittadini Girolamo Genga e Timoteo Viti, diversi per età, talento ed educazione.

Seguendo le peregrinazioni geografiche di Raffaello - tra Urbino, intesa come crocevia culturale, e poi Firenze, Siena e Roma - il percorso documenta quale fu il contesto creativo nel quale riuscì a emergere la sua genialità, quali le scelte formali e le influenze esercitate e subite tra differenze e analogie. Il progetto espositivo svela dunque il momento di passaggio tra la seconda e la terza età dell'arte, verso quella che Vasari chiamò la "maniera moderna", quella rivoluzione nella pittura figurativa tra '400 e '500 che fu l'inizio di un nuovo linguaggio, di cui Raffaello fu uno dei principali fautori. Una mostra preziosa, a cura di Barbara Agosti e Silvia Ginzburg, che anticipa le celebrazioni del 2020 in cui cadono i 500 anni dalla morte di Raffaello e che, come afferma il direttore uscente della Galleria Nazionale delle Marche Peter Aufreiter (dopo 4 anni di direzione lascerà a fine anno Palazzo Ducale per trasferirsi a Vienna, dove guiderà il Technischen Museums, il Museo della Scienza e della Tecnica), "è un capolavoro realizzato in due anni di lavoro". "Ha senso farla solo qui, perché strettamente legata al territorio", prosegue, sottolineando anche gli importanti prestiti ottenuti (italiani e internazionali, come quelli dalla National Gallery di Londra e dall'Hermitage di San Pietroburgo) per allestire un percorso in cui figurano ben "19 opere di Raffaello e 65 di altri artisti a lui contemporanei, per un valore assicurativo di 700 milioni di euro". La mostra prende avvio con il periodo formativo di Raffaello, con le influenze del Perugino e di Luca Signorelli; poi via via si sviluppa il confronto con Viti e Genga per arrivare ai vertici compositivi raggiunti da Raffaello, del quale si ammirano capolavori come il Ritratto di Gentildonna detta La Muta, la Madonna Aldobrandini, la Madonna Conestabile. Il percorso è tutto un gioco di rimandi, influenze, sovrapposizioni, per delineare, rendendola palese visivamente, la rapidissima evoluzione del linguaggio di Raffaello, mostrando al contempo quanto la sua lezione formale e tecnica ebbe subito diffusione nel contesto in cui egli operava. Interessante anche l'approfondimento dedicato ai diversi esiti della pittura di Viti e Genga al tempo del pontificato di Leone X, mentre Raffaello si trovava a Roma percorrendo la sua strada verso la pittura moderna: se il primo rimase fermo sostanzialmente al proprio linguaggio senza troppi rinnovamenti, il secondo invece riuscì poi a maturare uno stile personale, mettendo a frutto le esperienze e le invenzioni di Raffaello, Michelangelo e Fra Bartolomeo. La mostra rivela dunque "la specificità di Urbino nello sviluppo dell'eccezionalità di Raffaello, rileggendo il percorso dell'artista a confronto con Viti e Genga", dice la curatrice Silvia Ginzburg. (ANSAmed).

Leggi l'articolo completo su ANSA.it