(di Rodolfo Calò) (ANSAmed) - IL CAIRO, 5 APR - E' nata
grazie all'Italia la struttura che quotidianamente affronta
l'immane e delicatissimo compito di restaurare e conservare
all'Umanità i papiri del Museo egizio del Cairo salvandoli
dall'azione demolitrice del tempo o ricomponendoli, come in un
folle puzzle, quando la macina dei millenni li ha sbriciolati in
migliaia di frammenti.
A ricordare che il "Laboratorio di restauro dei papiri" del
museo cairota è stato allestito dall' "Istituto internazionale
del papiro - Museo del papiro" di Siracusa con l' "aiuto"
finanziario della Provincia siciliana nel 2004 é una targa
dorata all'interno delle sue porte aperte per l'ANSA dal suo
direttore, Moamen Othman.
Un contributo rilevante come noto è venuto però dal programma
'commodity aid' della Cooperazione italiana che consentì
l'acquisto di strumenti ad alta tecnologia: fra l'altro un laser
per la "fotoablazione" (per la pulitura di superfici
estremamente delicate senza l'uso di prodotti chimici) ed uno
spettrometro portatile Fluorescenza a Raggi X per le indagini
non invasive che consente l'identificazione degli elementi
chimici caratterizzanti un pigmento o qualsiasi altro materiale.
La collezione del museo, custodita anche in celle
climatizzate donate sempre dall'Italia per conservare i pezzi
più delicati a 18-22 gradi di temperatura e 35-45 di umidità
relativa, comprende "più di 20 mila" papiri di cui solo circa 12
mila inventariati, ha stimato Moamen.
Provengono da scavi situati soprattutto nel centro e sud
dell'Egitto, aree più calde e secche rispetto a quella del delta
del Nilo la cui umidità ha distrutto quasi tutti questi fragili
supporti di scrittura.
Le priorità di intervento del laboratorio sono i papiri
esposti al museo e il tipo è quello "conservativo,
non-estetico", teso quindi a "rispettare l'originalità" senza
"mai aggiungere" colori o tratti, ha spiegato il direttore in
perfetto italiano appreso fra l'altro all'Opificio delle Pietre
Dure di Firenze nei primi anni 2000.
Un esempio di questo approccio é un papiro che viene
restaurato in queste settimane e che riporta alcuni capitoli di
un "Libro dei morti" risalente a circa 3.200 anni fa.
Appena restaurati ed esposti nel novembre scorso al termine
di tre mesi di lavori sono i 20 metri del "Papiro di Yuya e
Tuya", probabilmente bisavoli di Tutankhamon, il quarto più
lungo al mondo dopo quello di 40 metri conservato a Londra, uno
di 30 esistente a Torino e uno di 25 metri del Metropolitan
Museum of Art di New York.
Inoltre "stiamo esaminando il piccolo rotolo di Hemaka, il
più antico papiro non-scritto mai rinvenuto", risalente alla
prima dinastia, quindi a prima del 3.000 a.C., ha segnalato
Moamen, i cui cinque collaboratori stanno restaurando anche i
papiri di "Wadi el-Jarf", i più antichi 'iscritti', rinvenuti
nel 2013 sul Golfo di Suez e datato a circa il 2.600 a.C.
Uno di questi è una specie di foglio excell ante-litteram,
nelle cui precisissime celle sono riportati fra l'altro salari
di lavoratori, mentre su un altro si nota anche un "cartiglio"
(un ovale) contenente il nome di Cheope, il faraone della più
grande a antica delle tre piramidi di Giza.
Restaurato da Corrado Basile e Anna di Natale, i fondatori
del museo siracusano, al Cairo spicca anche il papiro Gebelein,
risalente all'Antico Regno, prima metà del III millennio a.C.,
rinvenuto da una missione del Museo Egizio di Torino, e che fino
alla scoperta di quelli di Wadi el-Jarf era il più antico
conosciuto al mondo. E' stato esposto per la prima volta
nell'agosto scorso in occasione della visita al Cairo del
ministro degli Affari esteri Enzo Moavero Milanesi.
Nel caleidoscopio di geroglifici, simboli, animali, divinità,
faraoni, tenui colori e quant'altro resta sui papiri in
lavorazione al laboratorio o esposti al museo, l'altro giorno
impressionava la scatola di frammenti grandi al massimo come
scuri coriandoli e molti della consistenza di polvere:
provengono viene da Saqqara, a sud del Cairo, e in sei mesi gli
specialisti di Moamen contano di ricomporlo. (ANSAmed).
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Al Cairo, dove si salvano i papiri grazie all'Italia
Nel laboratorio di restauro nato col sostegno di Siracusa e Mae