(di Stefano Intreccialagli)
(ANSAmed) - ROMA, 19 DIC - La musica per combattere
l'intolleranza e il razzismo verso gli immigrati e i musulmani
in Italia e per ricordare agli italiani che sono un popolo che
accoglie, e non che respinge. È questo il senso più profondo di
"Hijra - L'esilio del flautista", recital dell'artista
marocchino Nour Eddine Fatty, musicista di origine berbera e
direttore artistico della World Orchestra dell'università
telematica Uninettuno. La prima nazionale dell'opera si terrà il
21 dicembre alle ore 20.30 al Teatro Abarico di Roma.
Lo spettacolo è un racconto autobiografico in musica e parole
in cui l'autore mette in scena il suo essere migrante musulmano
in Italia. Nour si definisce un "esiliato volontario": è partito
dal proprio Paese per abbandonare un destino già segnato, la
nonna infatti voleva che diventasse un Imam, e non un musicista
come suo nonno. Alla ricerca di un futuro diverso, Nour
raggiunge la Spagna con un passaporto francese falso, raggiunge
le Alpi francesi e passa le montagne a Ventimiglia, entrando in
Italia nel 1993. In quell'anno "ho conosciuto Roma che mi ha
accolto, abbracciato, amato", spiega Fatty in una conferenza
stampa alla sede di Uninettuno a Roma, ma ultimamente "sono
molto toccato dalle tantissime reazioni di intolleranza e
razzismo. Per questo è nato lo spettacolo".
L'opera dal taglio ironico è divisa in quattro atti: il
primo, 'Nour Eddin, Imam o musicista?' parla "di me, da dove
vengo come musulmano" e della sua esperienza in Marocco. Il
secondo atto si intitola 'le frontiere e l'esilio': secondo
Nour, frontiera "è sinonimo di ingiustizia. Non possiamo
concentrarci sul vero dialogo tra le sponde del Mediterraneo
quando non abbiamo gli stessi diritti". L'esilio, che dà il nome
al recital, nasce da una riflessione sul fatto che "l'80 per
cento degli immigranti sono esiliati, persone che hanno fatto il
viaggio loro malgrado, perché nel loro Paese non avevano lavoro
e possibilità di vivere dignitosamente". Il terzo atto è 'la
valigia dei sogni' e parla degli immigrati "eroi" e dei loro
sogni realizzati e da realizzare. Infine, il quarto atto si
chiama 'ritorno', che riguarda chi si sente "esiliato
nell'esilio". È la condizione di "quando ritorno" in Marocco e
"io mi sento italiano, non berbero o marocchino", dice Nour. Se
i migranti dovessero veramente tornare a casa dopo così tanto
tempo, sarebbero "condannati a vivere nell'eterno esilio".
Oggi, a un ragazzo del Marocco che cerca di raggiungere
l'Italia, "direi di non venire. L'esperienza che ho avuto io è
positiva, ho realizzato il mio sogno, ma porto dentro di me un
dolore forte, del cordone ombelicale tagliato dalle mie radici",
spiega a margine Nour. "L'Europa non è più come prima. Ora c'è
un pensiero anti-immigrati, non c'è più quel sogno di vivere
insieme, sento una chiusura mentale terribile". "Io mi ricordo
un'Italia aperta, accogliente, che mi ha fatto emergere nel mio
mestiere. Io voglio un'Italia che dica basta" al razzismo e sia
"per il dialogo, come l'ho conosciuta io, quando sognavamo un
Mediterraneo unito, un sogno ormai finito". 'L'esilio del
flautista' è una risposta per "dire agli italiani di non
dimenticarsi come sono" e il recital "vuole dare speranza ai
giovani e dire che l'Italia è un bellissimo Paese".
La conferenza fa parte delle iniziative del ciclo
#SENZACONFINI dell'università Uninettuno. L'ateneo porta avanti
un progetto di educazione per i rifugiati, con percorsi di
elearning per studenti di oltre 160 Paesi del mondo. "È molto
importante in un momento come questo mettere a confronto le
diverse culture", dice Maria Amata Garito, rettore di
Uninettuno. "La musica unisce, è un linguaggio universale,
quando l'ascolti non pensi a chi l'ha fatta ma al benessere che
dà alla tua anima. È questa la cosa più importante: unirci
attraverso i linguaggi dell'arte". (ANSAmed).
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'Hijra', musica per ricordare Italia di essere accogliente
Recital autobiografico musicista marocchino Nour Eddine Fatty