(ANSAmed) - ROMA, 15 NOV - Un gruppo eterogeneo di senegalesi
ha occupato una fabbrica dismessa nella periferia di Barcellona,
trasformandola in una casa. Sono tutti immigrati irregolari, per
loro la città catalana non è la città da cartolina che si
aspettavano alla partenza, ma danzano in una metropoli
complessa, escludente e controllata. Vivono di espedienti,
qualcuno ricicla il ferro, altri riparano le reti dei pescatori,
altri si dedicano allo spaccio di strada.
Medfilm Festival torna sul tema dei migranti con il film
documentario di Pierpaolo Verdecchi, Babilonia mon amour.
Presentata ieri sera al cinema Savoy, la pellicola - girata
frontalmente, in bianco e nero, con una bella fotografia - mette
in luce la dimensione collettiva, fatta di solidarietà materiale
ma anche comunione spirituale, che vivono i protagonisti di
questo racconto, che si rifanno alla confraternita islamica dei
Baye Fall, che rinnega l'attaccamento materiale e che si basa
sul rifiuto della violenza e dell'individualismo. Mantenere
integra questa spiritualità per alcuni di loro diventa però
sempre più difficile. Un conflitto interiore che l'autore è
riuscito a cogliere vivendo con la comunità alla periferia di
Barcellona, inizialmente settica verso il progetto. (ANSAmed).
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Cinema:Medfilm, Babylonia mon amour ricorda dramma migranti
A Barcellona comunità senegalese vive deriva esistenziale