(ANSAmed) - NAPOLI, 14 GIU - La fotografia può davvero
rappresentare la vita in un campo profughi? Riti come il
matrimonio come aiutano l'autodeterminazione? Sono questi alcuni
dei temi che Yasmine Eid-Sabbagh ha affrontato negli incontri
'Una conversazione fotografica dal campo di Burj al-Shamal', che
si concludono oggi al Macba, il Museo d'arte contemporanea di
Barcellona.
La rassegna parte da un'istallazione delle fotografie
scattate dall'antropologa visuale e dai giovani che vivono nel
campo profughi che si trova in Libano, a pochi chilometri da
Tiro, e ospita circa 20.0000 rifugiati palestinesi. Yasmine
Eid-Sabbagh ha vissuto infatti nel campo per cinque anni, dal
2006 al 2011, stimolando i ragazzi locali a gettare il loro
sguardo sul campo attraverso l'obiettivo fotografico.
L'installazione ha già toccato altri cinque campi
palestinesi, tra il Libano e la Giordania, e ha dato vita alla
creazione di una collezione permanente della Arab Image
Foundation di Beirut. Al Macba, le foto hanno dato vita a una
serie di conversazioni su come si è formata l'iconografia dei
rifugiati a partire dagli anni '50 con le immagini dell'Agenzia
Onu per i Rifugiati, e poi con le immagini dell'Olp e dei media
internazionali. Il tema si inserisce nel percorso aperto proprio
al museo catalano con la mostra 'Akram Zaatari. Contro la
fotografia'.
Nel corso degli incontri è emerso che trasformare le
fotografie in una performance e non in una mostra, riesce a
sospendere la logica della rappresentazione, evidenziando invece
i conflitti e i dilemmi che emergono dalle immagini. Ecco perché
Yasmine Eid-Sabbagh ha scelto un allestimento con le immagini
poste l'una di fronte all'altra, non in contrapposizione ma per
creare una comunità e discutere appunto con i visitatori su
quella comunità creatasi nel campo profughi e nel corso del
progetto di fotografia con i giovani palestinesi. (ANSAmed).
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Iconografia dei rifugiati, incontri fotografici a Barcellona
Antropologa visuale parte da foto campo libanese Burj al-Shamal