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La G2 delle banlieue nel romanzo 'La Mecca-Phuket' di Azzeddine

Giovane franco-marocchina ritrae suo ambiente con lucida ironia

Redazione Ansa

(di Cristiana Missori)

ROMA - ''L'ascensore era spesso in panne ma i chiacchiericci trovavano sempre il modo di gironzolare da un piano all'altro. Di me dicevano che ero una sfrontata, di mia sorella che era una ragazza per bene e di mia madre che lasciava troppo grasso nel tajine di montone. Mio padre, tutto sommato, lo risparmiavano, anche se era l'unico di tutto il palazzo a non essere ancora hajj, il che lo tormentava. Perché i miei genitori avevano un'unica ossessione: fare il pellegrinaggio alla Mecca''. Il palazzo è quello di una banlieue parigina, il racconto, è quello di Fairouz, figlia di immigrati marocchini in Francia, che combatte ostinatamente contro se stessa per emanciparsi dalle sue origini.

Insieme a una delle sue sorelle minori, Kalsoum, decide di raggranellare la somma necessaria per regalare ai suoi genitori devoti il sogno di una vita: il hajj. A narrare la sua storia, è Saphia Azzeddine - giovane autrice franco-marocchina - che in La Mecca-Phuket (in uscita a fine febbraio nelle librerie per la collana Altriarabi Migrante de Il Sirente, pp. 130 Euro 15), compie un affresco molto ironico, a tratti irriverente e divertente, di quel che accade nell'edificio in cui vive la sua protagonista.

Stretta fra la voglia di vivere laicamente le sue origini arabo-musulmane: ''ero quello che si chiama comunemente una musulmana laica, che non rompe le palle a nessuno'', annuncia Fairouz in una delle prime pagine del libro. ''Ci tengo a precisarlo, perché visti da lontano si ha l'impressione che oggi i musulmani rompano le palle, sempre, continuamente e a tutti quanti. Quando non bruciano le macchine, bruciano le donne, quando non sono le donne, sono le sinagoghe e quando non sono le sinagoghe, se la prendono con le chiese, i musei e i neonati. Ma Dio è misericordioso, la Francia molto clemente e il musulmano abbastanza filosofo, in fin dei conti''.

Altrettanto lucida quando descrive i difetti della sua comunità di origine: ''Sembra che. Ho sentito dire che. Poi la gente dirà che. Ecco più o meno quello che rovina le società arabo-musulmane in generale e il mio palazzo in particolare. Abitavo in un casermone in cui i pettegolezzi facevano da fondamenta e il cemento da cervello (...). La megera del nono aveva riferito a mia madre (per il suo bene) quel che si diceva nelle alte sfere del palazzo. Una macchina nuova era proprio necessaria prima di adempiere a un dovere islamico? Quelle maldicenze tormentavano i miei poveri genitori che fingevano di fregarsene''.

Saphia Azzeddine, nata ad Agadir nel 1979, ha all'attivo sei romanzi. Da quello di esordio, Confidences à Allah (2008) sono stati tratti una pièce teatrale e un fumetto. 

 

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