(ANSAmed) - ROMA, 26 GEN - Un pregiudizio teologico dalle
radici antiche, quello antisemita, che si salda con il razzismo,
che diventa una propaganda asfissiante capace di penetrare nella
vita quotidiana della Germania nazista e dell'Italia fascista
attraverso giornali, riviste, ma anche cartoni animati ed
oggetti di uso comune come un innocuo schiaccianoci che prende
le sembianze grottesche dell'ebreo secondo gli stereotipi
dell'epoca. Nell'approssimarsi del Giorno della Memoria, il
Museo della Shoah di Roma ospita presso la Casina dei Vallati al
Portico d'Ottavia, la straordinaria mostra 'La razza nemica - La
propaganda antisemita nazista e fascista', che mostra molti
oggetti e documenti per la prima volta in Italia.
"Una lezione per l'oggi e per i giovani, ma anche per i meno
giovani - spiega il presidente della Fondazione Museo della
Shoah Mario Venezia - Perché la verità è che per chi è andato a
scuola trent'anni fa, i programmi scolastici non raccontavano
l'Olocausto, ma si fermavano prima. Questa mostra spiega come
all'epoca si sia partiti da vignette e battute, e poi si sia
arrivati alle conseguenze che conosciamo. Dalla denigrazione
verbale e scritta si arriva agli atti concreti, ecco questo è il
messaggio della mostra".
Per Marcello Pezzetti, curatore della mostra (30 gennaio - 7
maggio) insieme a Sara Berger, "la novità principale di questa
mostra è l'oggettistica del quotidiano, così come i cartoni
animati, grazie ai quali l'antisemitismo entrava nella vita
d'ogni giorno, dalla scuola alla casa. Abbiamo messo una foto in
cui si vede una nave stracarica di ebrei cacciati ed emarginati
da tutti i paesi del Mare Nostrum, che naviga in alto mare. Il
collegamento con l'oggi è evidente. Come allora, il pericolo è
più grande di quanto si immagini". Pezzetti spiega come nella
Germania nazista e poi nell'Italia fascista, all'antisemitismo
tradizionale si saldò il razzismo: "Ovvero, l'ebreo non poteva
essere 'redento' con la conversione, ma era biologicamente
diverso. Il razzismo diventa biologico".
L'inquietante percorso mostra proprio questa evoluzione, e
come certi temi dopo il 1936 ampia diffusione anche in Italia,
fino alle leggi razziali del 1938, attraverso strumenti come il
giornale Difesa della Razza ed altre pubblicazioni. Tra i
documenti più notevoli, la locandina della versione italiana di
uno dei film antisemiti più tristemente celebri: "Suss l'ebreo"
del tedesco Veit Harlan (1940). "Ma il film in versione italiana
non esiste più, sparì dagli archivi dell'istituto Luce anni dopo
la guerra", spiega Pezzetti. (ANSAmed).
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Giorno Memoria, in mostra a Roma la propaganda antisemita
Venezia (Fondazione Museo Shoah), una lezione per l'oggi