Rubriche

Cinema: Barakah meets Barakah, A.Saudita in salsa agrodolce

Firenze, a Middle East Now prima commedia racconta gioventù Regno

Redazione Ansa

(di Cristiana Missori)

FIRENZE - "Tante contraddizioni, molte trasformazioni in atto. E' l'Arabia Saudita di oggi, una nazione dove circa il 60 per cento della popolazione ha meno di 30 anni, con una nuova leadership fatta di giovani, e dove inizia a esserci più spazio per le minoranze e per chi ha meno diritti".
Parola di Mahmoud Sabbagh, regista saudita che oggi, al Middle East di Firenze (fino al 10 aprile), presenterà il suo primo lungometraggio: Barakah meets Barakah (Barakah Yoqabil Barakah).
Una commedia agrodolce che parla di una gioventù, quella del Regno, molto più avanti di quanto non emerga dai media occidentali, proiettata sui social, per nulla in linea con i precetti religiosi e ben lontana da una certa mentalità oscurantista che pure è molto radicata nel Paese. Ambientata nella città portuale di Gedda, narra di un amore, quello fra Bibi (diminutivo di Barakah) - figlia adottiva e rampolla di una ricca famiglia, star di Instagram - e Barakah, dipendente governativo di umili origini, che fa anche l'attore di teatro.
Vivere il loro amore non è cosa facile, ma i due riescono ad aggirare le imposizioni della tradizione e la polizia religiosa.
Con questo suo primo film, Sabbagh lancia un messaggio di speranza, come lui stesso spiega all'ANSA. "Perché il Regno - assicura - sta cambiando". "Volevo raccontare la mia generazione, quella del nuovo millennio". Una generazione, sostiene, che ha avuto "meno privilegi rispetto ai propri padri.
Siamo stati privati dei nostri diritti sul piano sociale, economico e politico". A un certo punto della pellicola, infatti, Sabbagh mette a confronto due generazioni, quella dei suoi genitori e la sua. "Ho messo a confronto i sauditi con i sauditi", facendo un raffronto "con il loro glorioso passato" e "mostrando come le società possono evolvere (o involvere, ndr) dall'interno". Immagini che ricordano l'Egitto degli anni '50 o l'Iran prima della rivoluzione. "Gli anni '70 - dice - hanno portato in Iran la rivoluzione e nel Regno la predicazione di alcuni zeloti. Fino a quel momento il Regno era aperto". Girare un film a Gedda, fa notare, è stato molto complicato, ma anche molto appagante. "Ostacoli e momenti difficili - non nasconde - ve ne sono stati". La situazione è quella già raccontata da una sua collega, Haifa Al Mansour, la prima regista donna del Regno. "E' vero, non abbiamo industria cinematografica, non ci sono scuole di cinema, né sindacati di categoria. Cosi' come non esiste un quadro normativo, né vengono stanziati fondi pubblici per sostenere la settima arte". Peggio ancora, dal 1978 i sauditi non hanno sale cinematografiche commerciali. Il rovescio della medaglia, rimarca Sabbagh, poco più che trentenne, "è che come artisti è possibile creare e inventare da zero". Eppure il pubblico saudita ha voglia di cinema. Io stesso sono stato un divoratore di pellicole straniere quando ero giovane e sono cresciuto con il neorealismo italiano ed egiziano. Lavori che mi hanno ispirato". Barakah meets Barakah non è stato ancora proiettato nel Regno. Fino a settembre, dice, girerà per i festival del mondo arabo e in Arabia Saudita arriverà direttamente in 'video on demand', proprio perché non ci sono sale cinematografiche dove poterlo proiettare. Nei suoi prossimi progetti c'è sempre la storia del suo Paese. "Sto lavorando a due progetti in contemporanea", rivela.
"Una serie Tv dedicata alla Gedda del XIX secolo, quando era un porto fiorente e una città cosmopolita, ma anche luogo di tensioni etniche e religiose, nonché un secondo film, dedicato sempre alla gioventù saudita".

Leggi l'articolo completo su ANSA.it