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Takoua Ben Mohamed, dopo Parigi più dura vita donne velate

Artista tunisina, linguaggio media può spingere verso radicalismo

Un fumetto di Takoua Ben Mohamed

Redazione Ansa

NAPOLI - "La quotidianità delle donne musulmane che portano il velo era già diventata difficile in Europa dopo l'11 settembre, ma ora è peggiorata moltissimo. Le ragazze vengono insultate per strada per atti con cui non hanno niente a che fare". Così Takoua Ben Mohamed, 'graphic journalist' nata in Tunisia e che vive in Italia da quando aveva 8 anni, spiega ad ANSAmed il significato per le donne musulmane della giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

La 24enne fumettista è stata invitata a parlarne a Napoli dall'ordine degli psicologi della Campania che, nell'ambito del progetto "Opportune differenze", ha messo a confronto donne di diversa nazionalità e cultura sullla violenza di genere. Una violenza che le ragazze musulmane subiscono ogni giorno: "Chi porta il velo - spiega Takoua, le cui tavole saranno in mostra dal 4 dicembre ad Assemini, in Sardegna - è immediatamente riconoscibile e le persone sono condizionate dalle semplificazioni generiche dei media. Dopo gli attentati di Parigi, alcune testate hanno iniziato una campagna provocatoria contro le donne musulmane, ci sono ragazze che camminano in strada con il velo normalmente e si ritrovano in tv nelle immagini di copertura dei servizi sul terrorismo. Tutto questo lascia il segno in chi legge o guarda". Una violenza quotidiana di cui la giovane tunisina parla nei suoi fumetti che hanno come protagonista una ragazza con il velo, che vive in Occidente, raccontata in normali situazioni quotidiane: "Non ho mai dato un nome al mio personaggio - spiega Takoua, che ha vissuto fino agli 8 anni con la madre e le cinque sorelle, perché il padre, oppositore di Ben Ali', aveva dovuto lasciare il Paese - perchè impersona qualsiasi ragazza musulmana. Attraverso il fumetto cerco anche di dare dei consigli alle ragazze giovani: molte tendono a reagire con aggressività alle offese, alzando ancora di più il muro. Invece bisogna andare verso chi ti insulta perché conoscendosi si abbattono i muri". Un circuito di rabbia e strumentalizzazione che è sfruttato dagli estremisti: "Alcuni musulmani che vivono in Occidente - spiega -, non certo la maggioranza, vivono un conflitto identitario tra la tradizione dei Paesi d'origine e il modo di vivere europeo, invece l'islam si adatta al tempo e allo spazio in cui vivi. A volte dipende dalle famiglie che non hanno saputo educarli: ci sono giovani musulmani che non conoscono neanche i pricipi dell'islam e magari se li vanno a cercare su internet, che è il posto peggiore, perché lì ognuno può dirsi esperto e insegnarti quello che vuole. Tutto questo può portare chi vive un conflitto identitario forte sulla strada del radicalismo".

Proprio per questo la fumettista, che negli anni è stata invitata a presentare i suoi lavori al festival del Giornalismo di Perugia, alla Camera di Deputati e in diverse università italiane e collabora con l'Unar (l'ufficio antidiscriminazioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri italiana) ha puntato il suo nuovo fumetto sul cattivo uso dell'informazione: "L'ho appena finito - racconta - non ha ancora un titolo definitivo ma parla del terrorismo mediatico, del cattivo uso del potere dei media e dell'effetto che fa sulle persone musulmane e su chi non lo è. Ci sono persone confuse, e sentirsi continuamente provocati dai media può innescare in loro una reazione verso il radicalismo. Il linguaggio dell'informazione è veramente importante, può combattere il terrorismo ma può anche aiutarlo".

(ANSAmed).

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