(ANSAmed) - ISTANBUL, 21 MAG - I semi piantati due anni fa
dalle proteste di Gezi Park a Istanbul sono diventati fiori. I
germogli di un Paese che cambia rapidamente si trovano nella
musica e nel giornalismo, nelle università e sui social network.
Così, a quasi due anni dalle proteste che la scossero nel
profondo, il canale Mtv ha voluto raccontare la Turchia con un
documentario di mezz'ora che fa parte della serie 'Rebel Music'
dal titolo inequivocabile: 'Turkey: Flowers of Gezi Park'. Un
viaggio tra rap e islam, tra periferie distrutte e resistenze
popolari che ha già superato due milioni di visualizzazioni su
Youtube.
Il racconto segue le tracce di alcune delle battaglie simbolo
della società civile in questi anni, partendo da una persa:
quella dei rom dello storico quartiere di Sulukule a Istanbul,
dietro le mura Teodosiane, sgomberati nel giro di una notte per
far spazio a case nuove e abitanti più facoltosi. Un passaggio
raccontato con la rabbia e la speranza della band hip-hop
'Tahribad-i Isyan', mix di etnie spesso discriminate. Così,
accanto al rimpianto del rom Asil Slang per la 'gentrificazione'
che ha portato via le notti in musica dal suo quartiere, c'è la
voglia di riscatto del curdo Vz, che attorniato dai bambini di
Sulukule intona un rap di protesta mentre scorrono le immagini
delle ruspe che buttano tutto giù. Poi c'è il racconto dentro i
giorni di Gezi con la voce di Perihan, studentessa e attivista
di un collettivo femminista, che ricorda una "esplosione di
emozioni represse". Quando invece la repressione si trasferisce
sulle manifestazioni, entra in gioco il videomaker Kazim Kizil,
che filmando gli scontri ha scoperto la sua vocazione fino a
farsi occhi e orecchie di un'altra protesta, quella dei
coltivatori di Yirca contro la distruzione dei loro oliveti
centenari per far spazio a una centrale elettrica nella Turchia
occidentale.
Per tutti, Gezi ha mostrato le due facce della Turchia. Perché
lontano dalle manifestazioni di piazza, c'è un Paese in cui dal
2002 tutte le elezioni le ha vinte l'Akp, il Partito Giustizia e
Sviluppo del presidente Recep Tayyip Erdogan, cambiandolo
profondamente. Il documentario prova a dare voce anche ai
giovani dell'altra Turchia come Elif, studentessa di francese
all'università Yeditepe che rivendica il diritto di andare a
lezione con il velo, concesso solo di recente. E non solo:
"Finalmente - dice orgogliosa - possiamo intraprendere qualsiasi
carriera, tranne che polizia e magistratura". Con lei, c'è
spazio anche per il giovane teologo che è anche una piccola star
dell'Islam sui social media. Con oltre 30 mila follower,
Fahreddin Ozlen offre la prospettiva di un Paese che ammira
Erdogan e rivendica una cultura tradizionale contro
l'occidentalizzazione della Turchia in cui l'uomo e la donna non
possono essere messi sullo stesso piano. Spaccati di un Paese
che tra pochi giorni ricorderà come Gezi l'abbia cambiato e si
prepara a testarsi di nuovo nelle urne il 7 giugno, nel primo
voto recente senza Erdogan candidato. Perché come dice alla fine
il giornalista Gokhan Bicici, vincitore del Premio per la
libertà di stampa dell'Associazione dei Giornalisti Turchi, "per
capire se un albero è cambiato, a volte bisogna fare un passo
indietro e guardarlo di nuovo due anni dopo". (ANSAmed).
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Turchia: I fiori di Gezi Park in un documentario di Mtv
Un racconto tra rap e islam a due anni dalle proteste