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A Napoli le donne velate e silenziose di Guler Ates

In 12 scatti i colorati fantasmi di donna dell'artista turca

Redazione Ansa

NAPOLI - Donne come fantasmi dai colori sgargianti che attraversano biblioteche, corridoi, case austere dai soffitti incombenti. E' il percorso disegnato dall'artista turca Guler Ates nella mostra "Il segreto nel silenzio", che verrà inaugurata stasera allo spazio Nea di Napoli, dove resterà allestita fino al prossimo 30 giugno. La mostra fotografica è la prima in Italia di Guler Ates, nata in Turchia e ora residente a Londra dopo aver a lungo viaggiato, e sarà inaugurata oggi alle 19.00 in esclusiva per la Galleria Spazio Nea. In mostra dodici immagini che raccontano donne invisibili sotto i veli colorati che attraversano con la leggerezza silenziosa dei luoghi fortemente evocativi.

Attraverso le sue donne, Guler Ates attraversa i luoghi contaminando gli spazi, facendoli diventare potenti alterità della visione, universi fisici e mentali in cui il passaggio delle donne velate piega lo spazio facendole abitare il mondo. "La valenza estetica - spiega il curatore della mostra, il critico Massimo Sgroi - delle donne velate e dei landscape della memoria in cui sono inscritte mette in relazione, nel suo produrre sensi comunicabili, tutte le cose che entrano nel raggio della visione. L'immagine centrale delle opere di Güler Ates finisce per essere uno degli archetipi, in particolare mediterranei, che amplificano l'interazione fra persone, cose e luoghi del mondo. E proprio questo genere di versazioni affettive sono alla base di quella che noi definiamo, anche in senso più esteso, cultura; è l'oggetto dell'arte che crea, per dirla con una definizione di Durkheim, il cambiamento intorno a sé". Guler Ates lavora con video, fotografia, incisione e performance. Alla base della sua ricerca c'è l'esplorazione dell'esperienza della "dislocazione culturale": i siti architettonici in cui lavora appartengono solitamente ad un'epoca specifica con particolari collegamenti con il colonialismo (ora post-colonialismo) e l'Oriente. Ha condotto ricerche sulla storia di questi siti che le hanno fornito informazioni sull'origine del tessuto, che diventerà poi il costume o il velo da far indossare al suo performer. Essendo parte della performance, il soggetto narra una vicenda disegnata dalla storia del sito, esplorando il suo sentimento di dualismo culturale. Usa il paragone storico per evidenziare questioni politiche e sociali, specialmente quelle riguardanti il velo e politiche di genere.(ANSAmed).

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