(di Francesca Bellino).
(ANSAMed) - Roma, 6 mag - Il mondo dei media arabi e'
radicalmente cambiato dal 2011 a oggi. Non esiste piu' un
panorama unico, piatto e dominato dalla censura, ma uno scenario
diversificato che rispecchia la stessa diversificazione delle
storie di transizione dei rispettivi paesi.
E' uno dei punti centrali sviluppati nel seminario "I media
arabi: stampa, networks e cultura alternativa", organizzato
all'Universita' La Sapienza di Roma nel ciclo "Le trasformazioni
del mondo arabo, a cura di Laura Guazzone e Renata Pepicelli.
Ospiti dell'incontro sono state Catherine Cornet, giornalista e
ricercatrice, e Luce Lacquaniti, arabista e autrice del libro
appena pubblicato "I muri di Tunisi. Segni di rivolta" (Exòrma
Edizioni).
"Dopo anni di censura politica e/o religiosa sotto i regimi
autoritari, la stampa egiziana, tunisina e libica dopo le
rivoluzioni hanno visto l'apertura di nuove testate e il nascere
di un'incredibile libertà di espressione - ha spiegato Cornet -,
ma se le rivoluzioni sono oggi a un punto morto, la stampa
rispecchia abbastanza questa situazione di blocco".
"In Egitto è tornata a essere imbavagliata ancora più di prima,
sotto il regime di Mubarak - ha aggiunto la ricercatrice
francese - ed è sempre più complesso trovare informazioni
attendibili. La polarizzazione della vita politica egiziana si
rispecchia nella stampa: è totalmente dedicata al regime e alla
denuncia sistematica dei fratelli musulmani. Anche gli inviati
stranieri sono in pericolo come mai in precedenza. Il potere del
presidente Al Sissi ha reso molto chiaro che non c'è impunità
per i giornalisti, neanche per i corrispondenti stranieri, come
hanno dimostrato il lungo processo della squadra di Al Jazeera e
l'anno di prigionia del giornalista australiano".
In Tunisia dopo 23 anni di totale controllo del regime di Ben
Ali si e' passati da una fase di totale anarchia e poca
professionalita' da parte dei giornalisti a una fase di
ristrutturazione del sistema mediatico, fino all'emergere di un
"dibattito pubblico alternativo attraverso l'arte di strada",
come ha sottolineato Luce Lacquaniti.
"Dopo il 2011 i muri in Tunisia hanno costituito un mezzo
d'espressione nuovo - ha spiegato l'arabista - e sono stati
sfruttati dai comuni cittadini per esprimere istanze politiche e
per dialogare gli uni con gli altri. Le scritte sui muri non
sono rimaste singole voci isolate, ma hanno costruito un vero e
proprio dibattito collettivo, sia provocando reazioni nei
passanti che, sentendosi coinvolti, hanno scritto a loro volta,
sia interloquendo con i palazzi stessi del potere".
Lacquaniti ha raccontato che "per ogni bomboletta che tracciava
entusiasta "Viva la Tunisia libera e democratica", ce n'era una
che rispondeva "I rivoluzionari dicono: non potete prenderci in
giro", e lo slogan "Il popolo vuole..." veniva completato di
volta in volta con ogni cosa e il suo contrario". E' capitato
anche di trovare murales che omaggiavano poeti arabi sfigurati
da gruppi salafiti che li giudicavano blasfemi. "E nel mezzo
dello scontro tra laici e islamisti - ha concluso l'arabista -
si collocavano le rivendicazioni di altri writer ancora, che
ricordavano: "Né laico né islamista. La nostra è la rivoluzione
dei poveri". Il periodo di "transizione" della Tunisia dalla
rivoluzione alle elezioni del 2014, dunque, così come appare
dalle strade della capitale, è costellato di dubbi e
contraddizioni, ma testimonia anche una grande vivacità
culturale e la precisa volontà di riappropriarsi dello spazio
pubblico dal basso". (ANSAmed).
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Media arabi: trasformazioni a specchio con contesto politico
Seminario a La Sapienza per analizzare i casi Egitto e Tunisia