(di Cristiana Missori)
(ANSAmed) - ROMA, 16 GEN - ''Un luogo di spiritualità,
convivenza fra religioni, armonia, rispetto e pace''. Così
descrive il Monastero greco-ortodosso di Santa Caterina, nel
Sinai, padre Giustino, responsabile della Biblioteca del
complesso monastico, che questa sera interverrà all'Accademia
d'Egitto di Roma per spiegare l'importanza del restauro del
mosaico della Trasfigurazione del Monastero realizzato dal
Centro di Conservazione Archeologica, guidato dal dott. Roberto
Nardi.
Considerato il più antico monastero cristiano esistente,
costruito tra il IV secolo (quando la madre dell'imperatore
Costantino il grande, Elena, fece edificare una cappella
dedicata alla vergine Maria sul luogo del Roveto ardente) e il
VI secolo (quando l'imperatore Giustiniano, ne ordinò la
fortificazione e la realizzazione della chiesa conosciuta oggi
come della Trasfigurazione) il monastero di Santa Caterina ''è
un luogo rimasto immutato nei secoli, isolato e difficile da
raggiungere''. Un tempo, spiega il monaco, ''per raggiungerlo da
Suez ci volevano 10 giornate di traversata nel deserto a dorso
di cammello''. A visitarlo erano in pochi. ''Tra il VII e il X
secolo si sa molto poco del monastero'', racconta il
responsabile della preziosissima Biblioteca che racchiude 3.300
manoscritti, tra cui alcune pagine del Codex Sinaiticus.
''Spesso si dice che sia la seconda per importanza dopo quella
Vaticana. Sicuramente lo è per i testi greci, ed è tra le più
importanti al mondo per gli scritti siriaci e arabi dei primi
secoli lo è'', afferma il monaco originario degli Stati Uniti,
che dal 1996 si è unito alla piccola comunità che oggi conta 25
monaci. La Biblioteca non è accessibile al pubblico, ma i volumi
più preziosi si trovano nelle stanze del piccolo museo interno
al complesso monastico dove sono esposti gli altri tesori: le
circa 200 icone - tra cui quella di San Giovanni Climaco - e i
tanti oggetti sacri donati dai visitatori e accumulati nel corso
dei secoli. Oggi sono in corso due progetti di digitalizzazione
che coinvolgono tutti i volumi custoditi e il recupero di quelli
che hanno un palinsesto (cercando di recuperare quanto
cancellato e su cui è stato riscritto) da condividere con
studiosi e ricercatori.
Molto legata alla vita del monastero è anche quella della
comunità beduina - Gabaleya - che vive ai piedi di Santa
Caterina. ''Tanti lavorano con noi all'interno delle mura e
molti altri al di fuori''. Di fede musulmana, anche loro possono
pregare all'interno del complesso monastico. ''Santa Caterina è
un luogo di armonia e di rispetto'', ripete padre Giustino.
Una quota importante dell'attività economica della comunità
locale - un centinaio di famiglie - è legata all'afflusso di
turisti. ''Proprio per aiutare i beduini in questi anni di
crisi, la Fondazione legata al Monastero, raccoglie fondi
destinati a sostenere la comunità locale. Oggi le cose vanno
meglio, rimarca il monaco, l'Egitto si sta stabilizzando, i
visitatori tornano a crescere''. Attratti da questo luogo di
grande spiritualità, che annovera 22 cappelle e una moschea - e
dalle sue opere d'arte - come il mosaico policromo su fondo
d'oro del VI secolo, raffigurante la Trasfigurazione di Cristo,
recuperato grazie al lavoro del Centro di Conservazione
Archeologica di Roma iniziati nel 2005 e terminati nel 2010,
come spiega lo stesso direttore del centro, Roberto Nardi, che
ha guidato il restauro. Finanziato principalmente dalla
Fondazione del Monastero, il salvataggio dell'opera ha
comportato il consolidamento, la pulitura, il trattamento dei
pezzi mancanti e la documentazione di ognuna delle 500 mila
tessere che lo compongono, per un costo di circa mezzo milione
di dollari. ''Solo lavorando al restauro, aggiunge, ''ne abbiamo
potuto comprendere davvero l'importanza''. L'elemento del
riflesso, rimarca Nardi, era essenziale. Oltre a segnare le ore
e le stagioni, il mosaico è uno strumento per comunicare con
Dio''. (ANSAmed).
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Il Monastero di Santa Caterina,tra spiritualità e convivenza
All'Accademia d'Egitto,i restauri del mosaico Trasfigurazione