(di Cristiana Missori)
(ANSAmed) - ROMA, 4 DIC - Lentamente, non senza fatica e
timori, il mondo dell'arte in Egitto torna a sognare.
''Convivere con il terrorismo e gli attentati è difficile, ma
ormai ci siamo quasi abituati. Quel che è cambiato è il nostro
stato d'animo. Ora parliamo di stagioni e programmazioni
future''. A dare uno spaccato di quanto accade in ambito
artistico è Ines Abdel Dayem, presidente del prestigioso Teatro
dell'Opera del Cairo, istituzione culturale egiziana che vanta
144 anni di storia. Tra dicembre 2011 e l'estate del 2013 aveva
già ricoperto questa incarico, per poi essere cacciata dalla
Fratellanza musulmana al potere. Tornata al posto di comando,
oggi parla con maggiore entusiasmo. ''Sono molto contenta di
avere superato quel momento e, soprattutto, di riuscire
finalmente a guardare avanti, alla stagione 2015-2016, senza
annullare concerti, rappresentazioni o mostre'', racconta da
Roma dove questa sera si esibirà in concerto, insieme
all'orchestra dell'Opera House, all'Accademia d'Egitto che in
occasione di Festa d'Africa, la dodicesima edizione del Festival
Internazionale delle culture dell'Africa Contemporanea, in corso
nella capitale fino all'8 dicembre, ospita una mostra
fotografica dedicata ai volti delle donne africane.
Poco prima di essere mandata via, parlava di ''risorse
ridotte ai minimi termini, perdita degli sponsor, esibizioni di
troupe e artisti stranieri ridotte all'osso e Paesi che ''ci
avevano girato le spalle''.
Durante la presidenza di Mohamed Morsi, rammenta, ''la parola
d'ordine era 'sopravvivenza'. ''Sopravvivere al degrado
culturale e politico che stava vivendo il Paese'', spiega Abdel
Dayem, flautista, una laurea al Conservatorio del Cairo, un Phd
a l'Ecole normale de Musique di Parigi, gia' vicepresidente
dell'Accademia delle Arti e ex direttore dell'Orchestra
sinfonica del Cairo. Fino a quel momento, ricordava in una
precedente intervista al Cairo, ''nessuno era riuscito a mettere
le mani su questa storica istituzione''. Piu' antico teatro
dell'opera del Medio Oriente, costruito per volere del Khedive
Ismail nel 1869 in occasione dell'apertura del Canale di Suez,
l'edificio originario fu distrutto da un incendio nel 1971.
L'attuale complesso che oltre a una serie di teatri ospita un
museo, due gallerie (di Arte contemporanea e di Belle Arti),
nonche' un paio di spazi espositivi che ospitano mostre
temporanee, e' stato realizzato grazie al sostegno finanziario
del governo giapponese.
In questo 2014 le cose sembrano andare meglio, malgrado la
ristrettezza di fondi e i continui attacchi terroristici,
''siamo tornati a guardare al futuro, a portare avanti il nostro
programma e non siamo stati costretti ad annullare nessuna
esibizione e siamo tornati ad avere compagnie straniere''.
Tornano l'Argentina, l'India, la Russia e ''speriamo anche
l'Italia, sempre più in forze'', auspica. ''Sto provando a
organizzare un incontro con i vertici del Teatro dell'Opera di
Roma per febbraio'', fa sapere. Arduo immaginare in che modo,
viste le enormi difficoltà finanziare in cui versa
l'istituzione romana.
C'è però una cosa che continua a mancare, conclude Abdel
Dayem. ''La libertà''. Al di là della legge o delle imposizioni
del governo. ''Abbiamo bisogno di essere liberi completamente''
e questo appare impossibile. ''E' la società e la mentalità che
a tutt'oggi esiste nel Paese a ostacolare maggiormente l'arte in
tutte le sue declinazioni''. (ANSAmed).
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Egitto, l'Opera del Cairo torna a sognare
Presidente Abdel Dayem,tornano stranieri,manca ancora libertà